Ottimo esordio per questa band americana di Filadelfia nel 2004 con l’album omonimo, seguito da Wedding Tree del 2005 album di covers; nel 2006 esce a proseguimento del discorso iniziale l’altrettanto valido Espers II, e dopo tre anni ecco il terzo capitolo di questo progetto Espers III.
La direzione musicale è sempre orientata verso il folk, grazie alla bellissima voce di Meg Baird che non fa rimpiangere la compianta Sandy Denny, allora singer dei Fairport Convention poi leader dei mitici Fotheringay, oppure Maddy Prior degli Steeleye Span o Jaqui Mcshee dei Pentangle, le referenze sono quindi ottime.
Sicuramente gli album precedenti pur avendo una trama maggiormente complessa risultavano piu’ ispirati; le voci di Meg e di Greg Weeks imprimevano una maggiore forza evocativa; in quest’ultimo lavoro, pur rimanendo integra la notevole potenzialità del gruppo, si avvisa una certa amplificazione del sound originale con l’uso di soluzioni piu’ ridondanti che snaturano un poco il sound con il quale ci avevano viziato, fermo restando il giudizio positivo in toto.
Forse le partiture vocali risultano piu’affondate o affogate nel suono, l’album si apre con l’ottima “I can’t see clear” seguita da “The road of golden dust” sempre di buon livello mixata senza stacco con “Caroline”, senza dubbio piu’ accattivante; “The pearl” ha un morbido inizio che si trasforma senza che te ne accorga in un sound dove l’uso di una chitarra dal suono acido prepara al brano successivo “That which darkly thrives” dove le melodie nitide sono sospinte verso i lidi lontani di una “WEST COAST” ormai soltanto immaginaria, l’arrangiamento “dark-progressive” si alterna con reminiscenze di virtuosismi stile John Rembourn e Bert Jansh, creando una miscela acid-folk che caratterizza l’intero percorso, la dolce “Sightings” lascia spazio a Meridian”, “Another moon song” riapre scenari cari ai Pentangle, “Colony” prelude all’atto conclusivo rappresentato dalla “terra dei Troll” Trollsanda.
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