Diversi studi, sia internazionali che nazionali, hanno evidenziato l’esistenza di una certa variabilità nell’accesso ai servizi sanitari e che tale variabilità può essere dovuta non solo a elementi relativi alla offerta in sé, ma anche ad alcune caratteristiche della domanda, non necessariamente descrivibili con variabili di tipo clinico1-3. Partendo da questo assunto e tenendo conto che l’assistenza fornita dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e dalla Regione Lombardia è di buona qualità2, si è cercato di studiare quali potessero essere i fattori sociali in grado di spiegare la variabilità nell’accesso ai servizi forniti dal SSN: da tale ipotesi è nato il progetto “Fragilità e Vulnerabilità in Sanità”, che ha coinvolto la ASL città di Milano, l’Istituto di Ricerche Farmacologiche, il Centro Nazionale di Prevenzione e Difesa Sociale e il Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale. Tale progetto aveva come obiettivo quello di identificare dei determinanti di disuguaglianza nella domanda/offerta di salute dovuti a fattori di natura sociale4,5, al fine di offrire un contributo concettuale, metodologico ma soprattutto empirico (dati, informazioni e strumenti) ai fornitori dell’assistenza sanitaria della Regione Lombardia. Partendo dai dati di letteratura è emerso che esistono diverse definizioni dei concetti di fragilità clinica e vulnerabilità sociale ma, se per la fragilità è ormai di comune uso la definizione di “sindrome clinica, caratterizzata da un insieme di segni e sintomi che rendono l’individuo, per quanto in equilibrio, particolarmente suscettibile ad insulti come perdita di peso non voluta, esauribilità, bassa capacità di spesa energetica, rallentamento motorio e debolezza”, per la vulnerabilità sociale si è scelto di adottare la definizione coniata da Wisner secondo cui essa è intesa come “condizione ambientale, caratterizzata da un insieme di fattori che rendono l’individuo, per quanto in equilibrio nel suo contesto familiare e sociale, particolarmente suscettibile a scompensarsi a fronte di eventi anche minimi”. In particolare, è stata adottata una definizione più ampia di vulnerabilità, nel contesto della quale poi si sono identificate componenti biologiche (età), cliniche (malattie e stato funzionale), sociali (debolezza sociale). La definizione di Wisner concettualizza la vulnerabilità come l’insieme delle caratteristiche di una persona o di un gruppo associato alla situazione/contesto in cui si trovano a vivere, che influenza la loro capacità di adattarsi, resistere e anticipare l’impatto di eventuali eventi negativi. Questa condizione, definibile come una aumentata suscettibilità/fragilità che espone la per- sona o il gruppo ad un aumentato rischio di eventi sfavorevoli di tipo clinico, economico e sanitario nel momento in cui vi siano cambiamenti sfavorevoli del contesto individuale o sociale, può avere un impatto sulla salute che a sua volta può incrementare il livello stesso di vulnerabilità (e fragilità). La vulnerabilità non è quindi un sinonimo di fragilità (clinica), povertà (economica) o marginalità (sociale) ma è un fenotipo che ha determinanti “genotipici” multipli che si possono identificare e valorizzare solo con un modello di tipo complesso. L’obiettivo di identificare, classificare o misurare la fragilità clinica (una delle componenti della vulnerabilità complessiva) implica quindi una ampia ma valida definizione teorica (la vulnerabilità della popolazione), una successiva definizione più ristretta (ad esempio, la vulnerabilità dell’anziano) e infine una definizione operativa, declinabile nel contesto del territorio (la fragilità dell’anziano misurabile dal MMG). In conclusione, la vulnerabilità sarà esprimibile come un vettore finale che è la risultante di molti altri vettori primari, dotato di una direzione, verso e grandezza. Con questi presupposti è stato dapprima condotto uno studio pilota che ha coinvolto un campione di 15 medici del Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale e successivamente è stato pianificato uno studio più ampio rivolto a tutti i medici della ASL-Città di Milano. Questo studio ha previsto due fasi: una prima fase “descrittiva” con l’obiettivo di quantificare la frequenza di vulnerabilità e fragilità in una ampia e rappresentativa casistica di assistiti, e una seconda fase “analitica”, in un campione di pazienti più selezionato, per descrivere e quantificare alcuni indicatori sociali e di qualità dell’assistenza sanitaria.
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(edizione 2012)
Task Force: G Bettelli, G. Della Rocca, M. Fusari , P. Martorano, P. Mastronardi, M.Solca, G. Torri
Gruppo di Studio Sicurezza in Anestesia: E. Adrario, G. Arena, M. Astuto, G. Bettelli, E. Calderini, A. De Gasperi, M. Fusari, Y Leykin, L. Lorenzini, L. Lubatti, C. Pace, L. Piazza, C. Pontecorvo, R. Rago, I. Salvo, M. Sammartino, M. Solca, V. Sonzogni, S. Taddei, G. Torri
Caltabellotta A., Iacono A.
Evidence 2014;6(9):e1000089
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Ringraziamenti
Sul Blog i Contenuti del Numero 28
Dicembre 2014
Un Nostro Grazie a:
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Giovanni Apolone, Luigi Bisanti,
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Paolo Longoni
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Laura Reale, Michele Zanetti,
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In Racconti a Margine:
psycapolide
In Out of Border:
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In Student Corner:
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La Sicurezza in Anestesia
-Caltabellotta A.
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In Nurse Science:
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Filippo Marchese, Egman Sabrina.
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per Student Corner
-Emilia Maggiordomo e Laura Costa
per la Sezione Dedicata alla Poesia
di cui sono le Curatrici -
i Nurses Educator Ismett di Palermo
per la rubrica Nurse Science,
da loro curata.
Fonti N.°28, DICEMBRE 2014
Si ringraziano altresì:
- Board della SIAARTI e Pamia
- Recenti Progressi in Medicina
-Ricerca & Pratica
-Il Pensiero Scientifico Editore
-Biomed Central Open Acces
http://www.biomedcentral.com
-Evidence www.evidence.it
GIMBE