numero 14
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26 luglio 2010
Western lands
Gravenhurst
 
2006 Warp

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Dopo l'esordio con "Internal Travels" del 2002, seguito dall'ottimo "Flashlight Seasons" del 2003, collegato idealmente con l' E.P. successivo "Black hole in the sand" 2004, e "Fire in a Distant Buildings" 2005, Gravenhurst con formazione invariata, sempre e solo Nick Talbot one man band, giunge al suo IV° album Ufficiale "Western Lands" del 2006.

Le composizioni di Nick Talbot sembrano "piccoli fragilissimi film", tanto per citare Paolo Benvegnù degli italiani Scisma, girati con una vecchia cinepresa, reali invenzioni totalmente Home Made, con pellicola Bianco/Nero, composti da frames completamente sgranati, come immersi nella nebbia, che lasciano molto spazio all'immaginazione per capire ciò che forse avviene; ma avviene veramente o è soltanto un'illusione ?

Il sound fondamentalmente acustico, con strumentazioni dosate con eleganza, ed un muso pacato di piccoli effetti elettronici, esalta la sua voce limpida ed ammaliante che descrive ciò che avviene all'interno delle sue morbide melodie, come se, affetto da bilocazione, le vedesse da un punto imprecisato, ma al di fuori del proprio corpo. Si respira aria di Simon & Garfunkel complicati da una mediazione cerebrale frutto dei nostri tempi. A tratti riemergono sonorità che spaziano dai vecchi Moody Blues, privati del progressiv, passando attraverso 'Red house Painters  e Low.

Le prime due tracce avvolgono come seta, la sua voce comincia a tracciare un percorso che permette a chi lo desidera, di stabilire un contatto empatico. La terza, con intro di chitarre puro Rock "Hollow man" ti potrebbe spiazzare, ma non più di tanto, e ricordare l' incalzante e bellissima "The Velvet Cell" dell' album precedente, quindi si ritorna verso territori più intimisti con atmosfera bucolico/ambientalista con "Song among the pine" e la splendida "Trust" e "The Western Lands", che dà il titolo all'album completo di chitarre, in puro stile "Shadows". Ed ecco apparire la vera anima di Gravenhurst con "Farewell farewell" ove reinterpreta un pezzo di Richard Thorpon cantato dalla mai dimenticata Sandy Denny nell'album "Liege and Lief" dei Fairport Convention. Qui riesce a cogliere in pieno lo spirito della canzone con una cover che, per quanto diversa, mantiene inalterato il suo fascino rispetto all'originale. Un autentico folk-singer romantico e decadente.

L'album procede in slow motion con "Hourglass" e la lunga "Grand Union Canal"; chiude questa esperienza "The Collector"; finali stagnanti come quasi tutti i brani, come a lasciare un'ultima nota sospesa nell'aria a volte tagliente, altre leggera come una piuma, che scende ondeggiando lentamente in una atmosfera rarefatta.

Ugo Sottile

DiscografiaThe WesternFires in Distant Buildings Flashlight SeasonsInternal Travels  Trust  Black Holes in the Sand 

Questa non è pubblicità commerciale, ma una segnalazione ai nostri lettori nel rispetto del progetto editoriale Timeoutintensiva (N° 7 ottobre 2008).



 
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