numero 14
26 luglio 2010
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Da Video e Grafica di Giuseppe Zimmardi

Negli anni ottanta ho iniziato a fare video. Rinunziai a raccontare storie. Partivo dalla produzione di immagini, prevalentemente astratte. Ridussi l’uso degli attori per le difficoltà di organizzazione e direzione e perchè i prodotti che andavo montando, seguendo la sola suggestione dei ritmi e dei colori, spesso servivano ad intervallare o accompagnare letture dal vivo. In un secondo tempo, nei video che assumevano una loro autonomia, il corpo dell’attore divenne la voce-testo e, in casi limite, l’assenza del mio stesso corpo.
Preparavo una serie di materiali astratti e figurativi in video e pellicola super-otto.
In particolare elaboravo animazioni a passo uno a partire da miei disegni a china, dalle serie fotografiche di Eadweard Muybridge, da tavole cosmologiche e filosofiche dei secoli XVI e XVII; trattavo con, graffi, acidi, ecoline e trasferibili spezzoni di pellicola superotto, acetati, collages di materiali pubblicitari.
Organizzavo le riprese di performances dove corpi interagivano con proiezioni di diapositive e filmati. Recuperavo vecchi documentari, foto, e riprese da me effettuate in Tunisia.
Il montaggio di questi materiali durava spesso mesi. Determinante è stata la decisione e la possibilità di utilizzare un mixer di produzione audio-video e una centralina vhs. Oggi per montare uso prevalentemente il computer.
Ho sviluppato la pratica del collage verso la metà degli anni ’80. Usavo fobici, colla e materiali reperiti prevalentemente da cataloghi di strumenti scientifici e testi di edificazione religiosa. Delimitato il campo, facevo esercitare conflittualmente i precipitati iconografici dei magisteri religioso e scientifico a contendersi verità e un senso per il dolore.
Alla fine degli anni ’90 tagliai segmenti delle mie pellicole astratte per assemblarli in telai per diapositive. Tolti dalla durata del movimento in proiezione questi segmenti assumevano l’autonomia di campiture astratte che potevano essere sia stampate con procedimento fotografico sia a loro volta proiettate in performance e installazioni. Mi divertiva il fatto l’alfabeto dei miei lavori video, l’immediatezza del graffio e la casualità della macchia d’acido o di colore, insomma il prodotto della mia azione, diventasse ricordino.Quando incominciai ad impratichirmi col computer, con i programmi di grafica digitale, iniziai a comporre immagini dai detti reperti scannerizzati. Forme e colori non solo potevano essere ritagliati e composti a piacimento ma anche duplicati, moltiplicati e volendo, con il programma giusto, rianimati. Nelle prove usai anche alcuni miei disegni a china degli anni ’70.
Fu così che mesi fa mi è ritornata la voglia di riprendere a fare collage ma senza forbice e colla.
Mi sono messo in testa di realizzare una serie di composizioni a tema con un programma di grafica. Molti schemi elettronici dei primi apparecchi televisivi , qualche santo, donnine scollacciate (poche) pubblicità anni '50, oggettistica enigmatica. Insomma i temi dei miei collage cartacei alleggeriti in file digitali. L'intenzione è quella di fare due dozzine di tavole da stampare in acetati per lavagna luminosa. Qualche tavola è pronta, ma la prova di stampa su acetato non mi ha lasciato del tutto soddisfatto. Devo trovare qualche altro espediente di stampa perché l'idea di una sorta di sussidio per una didattica forviante mi piace. Certo, una volta riuscito l'acetato, che uso? Proiettare? giocare con l'inconsistenza dei colori che si sviliscono sulla parete bianca? intanto continuo con le composizioni in formato A4. Intanto…

Giuseppe Zimmardi artista palermitano, docente di storia e filosofia, racconta la sua esperienza artistica attraverso le sue parole e una piccola selezione delle sue opere. Dice di se stesso che è un videomaker, ma per chi conosce le sue opere certosine realizzate con carta, forbici e colla, o i suoi quadri a china ed altro, o ancora i suoi testi la definizione appare riduttiva.


 
 
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