Se sia o no morta la poesia: questo ci si chiede ancora una volta. Se esista ancora oggi la poesia, voce di questo tempo, testimonianza diretta, autoptica, del nostro agire. Quale il senso e la direzione della poesia, quali i luoghi che essa può abitare, da dove il poeta, uomo del suo tempo, possa farci giungere la sua voce. Dove si trova oggi la poesia?
Se si parlasse di musica, si potrebbe dire con Léo Ferré, “nelle strade la vogliamo la musica!”. Creatore della chanson poètique moderna, Ferré l’anarchico, in un grido di libertà, negli anni ‘70, reclama la presenza della musica fuori dai teatri e non più:
Nei salotti lustrati da servi venerati
Nei concerti segreti dai segreti merletti
Nei templi invecchiati da ricordi sfottuti
È là che appassisce la Musica,
è là che abortisce la Musica.
Noi... nelle strade la vogliamo la Musica
E ci verrà
E l'avremo la Musica
Muss Es Sein? Es Muss Sein!
Così dev'essere? Così è!
Il fenomeno della Urban Dance ha portato la danza nelle strade, imponendosi in Italia da più di un decennio e comunque in ritardo rispetto agli altri paesi europei; sebbene nel nostro paese con caratteristiche diverse da quelle che ha assunto originariamente negli Stati Uniti dove è nata. Anche la danza, dunque, come la musica, è fuori dai teatri, per quanto storicamente non sia la prima volta che essa travalica le scene, e dai luoghi deposti si spinga oltre alla ricerca di un movimento che avvicini alla realtà, che di essa sia espressione viva, un movimento reale, di ogni giorno. Parallelamente, potremmo parlare della poesia, come linguaggio capace di esprimere il bisogno di essere lontani e vicini alla realtà.
Poesia intima o civilmente impegnata?
Il poeta Mario Luzi, in una intervista degli ultimi anni della sua vita, ci offre la sua testimonianza: “Ebbi un brivido inatteso, e sentii che il mio impegno nella vita sarebbe stato la poesia”. Il poeta parla altresì del suo impegno civile, ma in quella frase sembra che il suo punto di vista si sia capovolto, divenendo la sua stessa vita a servizio della poesia, non dunque a tutti i costi una “poesia impegnata”, ma una vita spesa a favore di un “pensiero poetante”. Forse questo rovesciamento del punto di vista, rivela ciò che in potenza è proprio del solo genere umano, il tuffo nei propri abissi e il coraggio di coglierne anche solo piccoli frammenti di verità.
Scrive Hölderlin in Mnemosine (opera citata dal filosofo Heidegger, in Sentieri interrotti):
… Non tutto possono
i Celesti. Prima
i mortali raggiungono l’abisso:
si volge così l’eco insieme a loro.
Lungo è il tempo
ma il vero avviene.
Così, solo l’uomo può afferrare l’invisibile, scendendo nel suo profondo abisso, lontano tanto quanto egli sa osare, alla ricerca di ciò che lo attrae e avvicina all’infinito, e solo il poeta, uomo tra gli uomini, può chiedere alla parola di dire l’inespresso colto nell’abisso. In questo viaggio dentro sé, nel suo mondo, smarrendo le tracce del mondo, il poeta arrischia una sorta di cesura tra il reale e l’oltre e, tuttavia, non ne spezza la continuità, ma ne stabilisce uno spazio, un territorio di confine, forse una soglia mobile, tappa di geografia esistenziale, e, di soglia in soglia, come direbbe Celan, giunge a ciò che Hölderlin definisce il vero. Soglie che non sono un centro tra due dimensioni, ma sono al contempo dentro e fuori l’uomo, nelle dimensioni dello spazio e del tempo senza misura, immaginando pure che vi siano, nello spazio di discesa nell’abisso, numerose soglie poetiche. “Esiste, dunque, uno spazio che si antepone e trascende lo spazio poetico. Ed è l’infinito cosmico che ricomprende (anche) tutte le costruzioni poetiche e spaziali umane”, questo scrive Antonio Chiocchi, a proposito di una poetica dello spazio, che presuppone, per l’appunto, uno spazio poetico. Un mondo nel quale accade ciò che accade per il poeta e nel quale convergono pure le vite di molti, dove confluiscono i continui dialoghi con l’invisibile che ogni poeta ha in comune con ogni altro uomo. Ma per il poeta ciò occorre più che per ogni altro essere. Perché il poeta? In questo lungo cammino, egli è un viaggiatore visionario, che assume dai suoi occhi e traduce dal silenzio (per citare Joe Bousquet) le parole che altri non saprebbero dire, ma che sono pronti, se attenti, a riconoscerle come proprie nelle parole di un poeta. Queste, sono di Paul Celan:
Anche noi vogliamo essere,
dove il tempo dice la parola di soglia,
che, mille anni giovane, si alza dalla neve,
dove l’occhio errante
si calma nella propria sorpresa
e capanna e stella
stanno nel blu da vicini di casa,
come se la strada fosse già percorsa.
(da: Sotto il tiro dei presagi)
Dire la parola, nominarla, è già percepirla, trovarsi in sua presenza, sentire e sapere che esiste, deporla sulla pagina. Sulla soglia il poeta parla parole che rivelano l’essenza dell’invisibile, rendendolo visibile traccia, per tutti.
Iosif Brodskij ha scritto:
La cosa quanto più è invisibile, tanto più è certo
che sulla terra è esistita una volta,
e quindi tanto più essa è dovunque.
(da: Chinati ti devo sussurrare all’orecchio qualcosa)
Considerato un sovversivo dal regime sovietico, così il poeta, nel 1987 premio Nobel per la letteratura, rispondeva durante il suo processo:
Giudice: Di che cosa si occupa?
Brodskij: Scrivo poesia, traduco…
Giudice: Chi le ha detto che è un poeta? Chi l’ha incluso nell’ordine dei poeti ?
Brodskij: Nessuno. (Non sollecitato) E chi mi ha incluso nell’ordine della razza umana ?
L’uomo Brodskij, che è pure poeta, ha viaggiato, ha oltrepassato quegli attraversamenti che la poesia gli ha permesso; attraverso il suo sguardo, nel buio del suo abisso, come fosse stato qualcosa di naturalmente predisposto per il suo essere al mondo, egli ci ha restituito parole che si sono fatte segno per gli altri esseri umani. Dalla dimensione personale a quella collettiva, lo sguardo del poeta diventa quello di ciascun uomo.
Qual ponte, muti chiedemmo, qual
ponte abbiamo noi gettato sull’infinito,
che tutto ci appare ombra di eternità?
(La notte; Canti Orfici; D. Campana)
Gettare un ponte sull’infinito, attraversare l’invisibile alla ricerca disperata di ciò che permane, tentare il superamento della finitezza umana, è in fondo quel “trasumanar” pasoliniano, un’ azione al di là delle umane forze che solo l’uomo può compiere. Fare della poesia un impegno, è stato per Pasolini essere testimone attivo del suo tempo, assistere ai fatti della sua epoca e restituirli con la sua puerile voce, con una straordinaria padronanza della scrittura. La sua parola poetica è oltre la poesia, è azione. Un continuo osare dei suoi stessi confini, sia dal punto di vista linguistico, sia in quanto contenuto esistenziale. Duro, molto spesso, il suo giudizio:
L'intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione.
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai
da uno dei milioni d'anime della nostra nazione,
un giudizio netto, interamente indignato:
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,
di questo popolo ormai dissociato
da secoli, la cui soave saggezza
gli serve a vivere, non l'ha mai liberato.
Mostrare la mia faccia, la mia magrezza -
alzare la mia sola puerile voce -
non ha più senso: la viltà avvezza
a vedere morire nel modo più atroce
gli altri, nella più strana indifferenza.
Io muoio, ed anche questo mi nuoce.
[...]
(Da: La Guinea)
Pasolini viveva sulla sua pelle un conflitto costante tra la purezza del suo sguardo totale, della sua visione panica come adesione assoluta alla natura, e il suo impegno da “intellettuale”. Al Pasolini intellettuale impegnato si chiedeva un pensiero razionale, quasi un orientamento ideologico, che fatalmente finiva con l’essere oggetto di condanna. Nel tentativo di sanare, di cucire insieme storia e natura, Pasolini, con la sua ossimorica “disperata vitalità”, ha incarnato un dolore, una lacerazione espressa sempre in bilico tra la confessione appassionata di sé, di ciò che dentro di sé non poteva essere messo a tacere, e la ricerca e sperimentazione continua sulla forma e la musica del verso. A volte è stata quest’ultima a prevalere: a Pasolini riconosciamo un’indiscutibile abilità poetica ed un’ampia creazione metrica, ed anche l’idea forte che l’accompagnava, circa la musicalità del verso, ben lontana dai semplici espedienti del suono delle parole, legata a una musicalità puramente lessicale. Altre volte è prevalsa la confessione appassionata, spesso divenuta una sorta di prosa poetica, una poesia contaminata da un linguaggio più parlato che scritto, nel quale magari il processo di scelta delle parole deriva dal significato piuttosto che dal suono. La scelta linguistica del dialetto materno friulano in Pasolini è sintomo di questa lacerazione; la volontà di affermare l’appartenenza al mondo rurale, alla “lingua madre”, poteva servirgli, e tuttavia non bastava, a nascondere il sentimento di profonda estraneità che lo separava da un certo conformismo, rivelando ancora quella profonda frattura dell'io, prepotentemente presente nella sua vita e nella sua opera. In fondo, è stata proprio l’insistente tensione degli opposti a ispirare la sua voce. Sono molte le verità della sua poesia e, quasi profetiche, molte delle sue considerazioni sulla realtà del nostro paese: le sue analisi sociali e antropologiche, a distanza di così tanti anni, sembrano appartenere ancora al nostro oggi. Egli ha toccato, con la delicatezza del suo sentire e l’asprezza del suo giudizio, ogni questione legata alla poesia: lo stile, la storia, la verità.
Rimanendo sulla voce di Pasolini, stabilito l’impegno della sua poesia, resta da chiedersi se la voce di un poeta debba sempre essere scandalosa, magari anche rivoluzionaria, e una volta stabilito questo, potremmo pure domandarci che cosa sia possibile chiedere oggi alla poesia.
“La poesia è di per sé scandalosa, di per sé rivoluzionaria, la poesia è di per sé. Quando è vera poesia, di per sé può cambiare le cose”, questo afferma Stefano Giovanardi, critico letterario, riguardo al tema dell’impegno civile e la poesia. E aggiunge anche che la funzione naturale della poesia è strettamente connessa al suo essere nella storia; eppure oggi sono diverse le voci che indicano la necessità forse di un ritorno a una poesia più vicina a se stessa, lontana dai simboli e vicina ai sensi. In quella dialettica incessante, che a volte diventa insanabile frattura, tra linguaggio poetico e realtà, basterebbe recuperare un po’ dell’oralità della poesia, senza necessariamente scomodare ancora Brodskij, secondo il quale l’evoluzione di una società si misura nell’ascolto dei suoi poeti. Ascoltiamo ancora la voce di Pasolini:
[…]
Perciò io vorrei soltanto vivere
pur essendo poeta
perché la vita si esprime anche solo con se stessa.
Vorrei esprimermi con gli esempi.
Gettare il mio corpo nella lotta.
Ma se le azioni della vita sono espressive,
anche l’espressione è azione.
Non questa mia espressione di poeta rinunciatario,
che dice solo cose,
e usa la lingua come te, povero, diretto strumento;
ma l’espressione staccata dalle cose,
i segni fatti musica,
la poesia cantata e oscura,
che non esprime nulla se non se stessa,
per una barbara e squisita idea ch’essa sia misterioso suono
nei poveri segni orali di una lingua.
Io ho abbandonato ai miei coetanei e anche ai più giovani
tale barbara e squisita illusione: e ti parlo brutalmente.
E, poiché non posso tornare indietro,
a fingermi un ragazzo barbaro,
che crede la sua lingua l’unica lingua del mondo,
e nelle sue sillabe sente misteri di musica
che solo i suoi connazionali, simili a lui per carattere
e letteraria follia, possono sentire
- in quanto poeta sarò poeta di cose.
Le azioni della vita saranno solo comunicate,
e saranno esse, la poesia,
poiché, ti ripeto, non c’è altra poesia che l’azione reale
(tu tremi solo quando la ritrovi
nei versi, o nelle pagine in prosa,
quando la loro evocazione è perfetta).
Non farò questo con gioia.
Ebbene, ti confiderò, prima di lasciarti,
che io vorrei essere scrittore di musica,
vivere con degli strumenti
dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare,
nel paesaggio più bello del mondo, dove l’Ariosto
sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta
innocenza di querce, colli, acque e botri,
e lì comporre musica
l’unica azione espressiva
forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà.
(Da: Poeta delle ceneri)
Pasolini, dunque, propone l’azione ma sente anche il rimpianto di una poesia che ha valore essa stessa, di per sé, e che in quanto poesia esprime solo se stessa, arrivando a spostare l’attenzione sul senso e sul suono, di là dal simbolo.
Più recentemente, Andrea Zanzotto, in una intervista, dichiara la sua convinzione circa la necessità oggi di una poesia aliena dalla realtà, eppure, nella stessa intervista, a proposito del poeta Montale, dice che se la poesia è tale deve avere sempre qualcosa di vivificante. Perché la poesia, che esprime le verità dell’uomo, trascende dalla contingenza e tuttavia non è mai parola morta. E forse è proprio questo “potere vivificante di perpetuare”, al quale si riferiva Wislawa Szymborska in questi versi:
C’è dunque un mondo
Di cui reggo le sorti indipendenti?
Un tempo che lego con catene di segni?
Un esistere a mio comando incessante?
La gioia di scrivere.
Il potere di perpetuare.
La vendetta di una mano mortale.
(da: La gioia di scrivere)
Tornando alle considerazioni di Celan, sul potere della parola detta, parola che si fa viva e presente, parola detta che si fa segno, non possiamo non citare Ingeborg Bachmann, che si rivolge direttamente alle parole, e dice:
A voi, parole, orsù, seguitemi!
Anche se già ci siamo spinti avanti,
fin troppo avanti, ancora si va
più avanti, si va senza fine.
La parola
non farà che tirarsi dietro altre parole,
[…]
E soprattutto niente immagini
tessute nella polvere, vuoto rotolare
di sillabe, parole morte.
(da: A voi, parole)
Questo invito alle parole, quasi un comando, è anche un invito rivolto alle parole che genereranno altre parole, un invito alla poesia a non fermarsi.
Se esiste qualcosa che possiamo ancora chiedere alla poesia è spostare lo sguardo, interrogare l’indifferenza di chi ostinatamente volta la faccia e chiude gli occhi. Perché lo sguardo della poesia sia uno sguardo totale, occorre che sia azione risvegliata dai segni nei quali si depone, una scrittura della realtà alla quale tenta di aderire. Occorre, dunque, che la poesia sia la res, non necessariamente il suo contenuto, ma la cosa che è frammento anche minimo di realtà colta nel suo attimo di rivelazione, divenuta parola poetica, segno del pensiero di un poeta e traccia per tutti coloro alla quale è consegnata per sempre.
Testi consultati e citati
⁃Bachmann I., Poesie, Guanda, Parma 1987
⁃Brodskij I., Poesie, a cura di G. Buttafava; Adelphi, Milano 2006
⁃Cadel F., La lingua dei desideri: il dialetto secondo Pier Paolo Pasolini, Manni, Lecce 2002
⁃Campana D., Canti orfici e altre poesie; Garzanti, Milano 2002
⁃Celan P., Poesie; Einaudi, Torino 2001
⁃Heidegger M., Sentieri interrotti; La Nuova Italia, Firenze 1968
⁃Merleau Ponty M., Il visibile e l’invisibile, Bompiani, Milano, 2009
⁃Pasolini P.P., Poesia in forma di rosa, in "Bestemmia"; Garzanti, Milano 1993
⁃Pasolini P.P., Poeta delle ceneri; Archinto RCS, Milano 2010
⁃Szymborska W., La gioia di scrivere. Tutte le poesie 1945-2009, Adelphi, Milano 2009
⁃Brodskij I., a cura di A. Condello: Iosif Brodskij. Una biografia intellettuale; http://www.russianecho.net/contributi/speciali/brodskij/bio.html
⁃Chiocchi A., Poetica dello spazio; Per amore dell’umano. Il suicidio della poesia; "http://www.cooperweb.it/societaeconflitto/poetica_spazio.html#nota3; "http://www.cooperweb.it/relazioni/Tracce2CAP1.html
⁃D’Elia G., (intervista a cura di D. S. Vagata), L’impegno della poesia, in: Pagine corsare, "http://www.pasolini.net/saggistica_argonline_intervGianniD%27Elia.htm
⁃Giovanardi S., Poesia e impegno civile, in: Il grillo, Rai Educational, http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=643
⁃Piccini D., Pier Paolo Pasolini: la poesia che dice tutto, in: Pagine corsare, http://www.pasolini.net/saggistica_poesia_DPiccini.htm
⁃Luzi M., intervista; http://www.scrittoriperunanno.rai.it/scrittori.asp?currentId=64
⁃Zanzotto A., intervista; http://www.scrittoriperunanno.rai.it/scrittori.asp?videoId=128¤tId=19
Aggiornato al 12 Ottobre 2011
TIMEOUTINTENSIVA.IT
IL MEGLIO DI TIMEOUTINTENSIVAA.N. Cracchiolo*, D.M. Palma*
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In Focus:
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per la sua collaborazione
all’ Articolo
La Medicina Basata sulle Prove
e la Medicina “Bugiarda”
in Focus
Filippo Baglini e Cinzia Cerbino,
giornalisti dell’ Italo Europeo
(www.italoeuropeo.com) per
l’intervista a Paolo Malacarne e
per il permesso di pubblicarla
In Racconti a Margine:
a Francesco Zuccaro per
averci segnalato il racconto
Oggi per Domani
di Folfox4, ed a quest’ultimo
per averlo scritto
In Out of Border:
A Emilia Maggiordomo e
Laura Costa per il bell’articolo
“La Poesia è un Clamore”
In Books:
Al dr. Corrente, Psicoanalista,
per le informazioni forniteci
sulla “Rete per L’identità”
che ci ha permesso di leggere e
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“Il mio nome è Victoria”
In Graffiti:
A Rocco Sclafani che ci ha
permesso di pubblicare le
sue belle foto
sulla “Mattanza”
Ai nostri infaticabili: Ugo Sottile
per la Musica, Andrea Cracchiolo
e Daniela Palma per Student Corner
ed a tutti i Nurse Educator
dell’ Ismett di Palermo per la rubrica
Nurse Science, che curano
Infine un grazie a tutto il corpo
Redazionale della Rivista
Timeoutintensiva i.Change
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Fonti Numero 18, Ottobre 2011:
Si ringraziano altresì:
nottidiguardia.it
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SIAARTI
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Coordinatore Dr. G.R. Gristina
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Minerva Anestesiologica
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Le Infezioni in Medicina
http://www.infezmed.it/
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the Atlantic Magazine
http://www.theatlantic.com/
La Rivista “Internazionale” in .pdf
www.internazionale.it
Am. J. Respir. Crit. Care Med. 2011,
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