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Racconti a margine

Orme di Passi sulla Sabbia

17/12/2014  
di S. Vasta

Stacco' il piede dalla sabbia al fondo ed il passo successivo non senti che acqua sotto di se e intorno e comincio' goffamente a nuotare, fasciata in quel vestito bianco lungo che l'avvolgeva e le impacciava i movimenti. Tento' di immergersi per arrivare al fondo, senza prendere aria e perdere i sensi nella risalita, ma non ci riuscì e allora continuo' a nuotare, in quel delirio di eccitazione e paura, di cui aveva piena la testa e bevve tossì e bevve ancora e tossì forte, perché acqua le era andata di traverso in gola; così comincio' a girarle la testa, a vedere tutto confuso, come appannato e bevve ancora, ma quando cerco' di respirare non ci riuscì e il terrore la prese, tento di girarsi per tornare indietro e sulla spiaggia in fondo vide come un'ombra, qualcuno o qualcosa che camminava o forse nuotava verso di lei: allora alzo' una mano come richiamo d'aiuto e tento' di tornare a riva, ma la bocca le si riempi di mare e non riuscì neanche in questo. Il cuore andava a  mille, il vestito la tirava giù, beveva e sputava ma ora beveva e soffocava e vide buio il nulla e svenne, andando lentamente al fondo.

 

Avevo sempre sognato di fare una vacanza con una casa vicino al mare, ma non vicino a stradine e scale e poi la spiaggia, ma vicino proprio la sabbia, meglio sopra, con il mare che quasi ti raggiunge mentre, seduto sui gradini con un bicchiere di vino bianco ghiacciato, ti lasci trascinare via dai raggi del sole che si immergono, rosso fuoco e poi brace che fuma dentro il blu dell'orizzonte, restando lì a guardare le stelle dopo l'imbrunire, prima di mangiare il pesce comprato al mattino dai pescatori. 

L'avevo cercata a lungo ma con i vincoli messi dal demanio non era facile trovarla. Poi in una riserva naturale, lontana da dove immaginavo passare le mie vacanze, tra le tante case in affitto, ne trovai una che stava proprio sulla sabbia, ad una cinquantina di metri dalla riva, facilmente raggiungibile a piedi dal parcheggio, completa di tutto ma molto spartana, in legno e pietra, con in più' un'antica cucina all'aperto e con l'acqua e la luce elettrica messi da poco. Ero andato a vederla, al centro di una conca di sabbia forse un po' isolata, ma non troppo e mi era sembrata bellissima, anche se di sera per raggiungerla ci volevano le torce a batteria, dato che la stradina di sabbia e ghiaia che portava alla casa, dopo l'area di parcheggio, non era illuminata. Il paese era vicino e le provviste, se erano tante, invece di fare parecchi va e vieni, si potevano portare per l'ultimo tratto con una vecchia carriola da costruzioni. La ricezione del cellulare, mostrava solo poche tacche che permettevano di ricevere e telefonare... ma che vuoi di più ? Così l'avevo affittata per un mese, quello da noi più caldo e per i primi giorni era stato un bagno continuo in quell'acqua pulita, gelida, cristallina ed in più prendere il sole e mangiare e dormire fuori orario, dato che senza televisione e solo con una radio ed i libri, il tempo era scandito soltanto dal tramonto e dall'alba e dalle ore più calde in cui o me ne stavo seduto con una sediolina dentro l'acqua o in casa sopra un amaca in corda un po' rabberciata, a leggere sul portico coperto. Quando già' mi sentivo un Robinson Crusoe finito nell'ennesima isola deserta, erano arrivati amici e da quel momento fu un continuo va e viene, tanto che già' dopo 15 giorni, mi sembrava pochissimo il tempo che mi restava in quel' angolo di paradiso, come si dice comunemente dei posti che ti lasciano il cuore caldo. 

Nella spiaggia su cui era adagiata la casa, si entrava od usciva anche da un estremo da cui si passava tra gli scogli, con una certa difficoltà, alla spiaggia successiva, più grande e da quella alla susseguente, in un succedersi di piccole spiagge che come conchiglie impilate lungo un filo a formare una collana, abbracciavano il mare. Ogni tanto, la sera, si sentiva una musica lontana, come se ci fosse una festa o gente che metteva musica da ballo a tutto volume su una spiaggia più a sud, ma spesso, dopo un po' il rumore delle onde la portava via e restava solo quello e le stelle. Oramai mancavano solo dieci giorni alla fine delle vacanze e anche alla fine dell'estate forse. Come si dice da noi "Agosto capo d'inverno" e presto spuntarono i primi nuvoloni che però non facevano che abbellire quei tramonti meravigliosi, trasformandoli in acquarelli dai colori cangianti, con il sole che faceva lo slalom tra le nuvole e a volte si immergeva avvampando di rosso il mare, ora coperto da una foschia sempre più spessa. Ed una notte arrivo' il temporale. Dopo un botto, arrivarono fulmini ed acqua che per l'improvvisa violenza mi impaurirono, trasformandosi poi nel battere forte della pioggia sul tetto, fatto a coppi e travi, e dal rumore non riuscii a chiudere occhio se non per brevi momenti sino a notte inoltrata. Ma era tardi quando mi addormentai ed all'alba era già tutto finito da ore; la luce invase la casa e la spiaggia di traverso, così uscii fuori. La sabbia ancora bagnata, sembrava tutta butterata per la pioggia e mentre la luce si faceva sempre più forte, notai come l' impronta di passi che da un estremo della spiaggia, si avvicinavano alla casa per poi allontanarsene finendo nel mare, cancellati dallo sciabordio delle onde. Impronte leggere, piedi piccoli, passi brevi che formavano un continuum curvo sino alla porta di casa per poi in un altro semicerchio sbilenco allontanarsene; così' mi sentii spinto a seguirle, anche perché alcune sembravano recenti, con la sabbia attorno umida e franata e arrivai sino all'acqua dove terminavano, pensando che forse qualche barca aveva preso a bordo qualcuno che era passato di la' o magari quel qualcuno era tornato indietro, bordeggiando la risacca che aveva cancellato il suo cammino ed era uscito dalla conca; ma alzando gli occhi sul mare, mi sembro di vedere lontano tra le onde, una macchia bianca come fosse un grande telo o un grande foglio di carta; poi vidi un movimento come di braccia, ma fu un attimo ed entrai nell'acqua senza accorgermene per avvicinarmi e più mi facevo vicino più non capivo cosa fosse quella macchia, sino a quando non mi misi a nuotare, perché ebbi come l'impressione che quella cosa che galleggiava fosse una cosa viva e giuntole vicino, mi accorsi che era una grande gonna bianca al centro della quale galleggiava un corpo. Mi aggrappai a quel vestito come fosse una zattera e lo tirai a me, ritrovandomi tra le braccia una donna che non sapevo se viva o morta, la cui testa stava immersa, con i capelli sul pelo dell'acqua, tutti intorno a lei come una corona. La presi come potei, trascinandola a nuoto verso riva, tenendole la faccia grigia fuori dall'acqua e senza badare se fosse ancora in vita, ma curandomi del fatto che la bocca fosse esposta all'aria e la tenessi con una presa sicura, cercando di non affondare anch'io e finalmente, dopo poco, erano i piedi sul fondo sabbioso che mi spingevano avanti in mezzo al mare con lei in braccio, con quella faccia grigiastra che me la faceva pensare come se stessi portando a riva una morta, anche perché il cuore proprio non riuscivo a sentirlo mentre la sorreggevo. Arrivati a riva, l'adagiai e le mie mani furono sul suo collo e un battito si sentiva, piccolo lontano molto rapido ed allora le soffiai nei polmoni ritmicamente sino a che non ebbi più aria e sentii un alito non mio venire da lei; allora la girai pressandole con le mani la schiena, come a svuotarle i polmoni e inizio' a tossire e a perdere acqua dalla bocca e poi tossì e tossì e venne fuori ancora acqua e saliva, tanto che mi sembrava di spremere una spugna e comincio' a tossire più forte e vomito' e tossì e respiro' e tossì di nuovo ed ora era più rosea in viso, quasi rossa per la tosse e apri gli occhi guardo' intorno ma continuo' a tossire sino a squassarsi i polmoni, con quel vestito bianco appiccicato addosso. La misi di lato su un fianco mentre vomitava e tossiva acqua di mare e le battei piano sulle spalle nel tentativo di fargliela sputare tutta, ma si alzò di botto a sedere e vomitò  ancora acqua, solo acqua e succhi gastrici; poi si quieto' e si rimise distesa respirando forte e a guardarla sembrava più una dea di sabbia venuta dal mare che una giovane donna con il vestito bianco bagnato intriso della sabbia della spiaggia ed i capelli che assomigliavano ad un groviglio di nero e granelli écru in fili lunghi sino ai fianchi. Poteva avere forse 25 o 30 anni, un corpo minuto ma ben fatto, scura di carnagione, abbronzata ed un viso ovale molto bello con due occhi dal taglio un po' orientale e la bocca carnosa e grande rispetto al viso. Si scosse, e con una voce rauca e sospirata, come un'impressione lontana, sussurrò qualcosa, forse "mi devo rimettere in piedi". La feci alzare ma era troppo debole, la sostenni per le braccia: "si attacchi a me ed entriamo dentro", indicandole la direzione per la casa con un cenno. Lei mi guardo' con quei suoi occhi tristi e neri, calo' la testa in segno di assenso, ma fu presa da nuovi conati che le svuotarono definitivamente lo stomaco ed i polmoni per quanto tossì dopo avere vomitato. Si asciugo la faccia con il davanti del vestito bianco, riempiendosela di sabbia e sputacchiandola d'intorno. Poi mi riprese il braccio aggrappandosi e la aiutai a risalire dal mare verso casa.

Camminammo sostenendola per quanto potei, sino alle scale che portavano al patio ma non volle entrare, solo sedersi sul gradino più alto continuando a respirare rumorosamente ed a sputare acqua d'intorno. La lasciai li, entrai dentro, raccattai degli asciugamani una maglietta ed un pareo con cui si sarebbe potuta mettere addosso qualcosa di asciutto e portai fuori anche una coperta. Mentre si cambiava preparai del te' forte e caldo e quando uscii, tra un colpo di tosse e l'altro, la trovai che tremava vestita della maglietta, grande quanto lei così minuta e del pareo che ora formava una gonna abbozzata e le passai la tazza calda che prese tra le mani ma che non bevve sino a quando non la invitai a farlo a piccoli sorsi, anche se il primo fu seguito da un tumultuoso susseguirsi di colpi di tosse, talmente rauchi tanto da sembrare latrati, come rauca e senza voce era anche lei. 

E restò li a bere e guardare il mare con la coperta sopra le spalle, contraria ai miei inviti a portarla al più vicino pronto soccorso per fare dei controlli, per il semi annegamento che aveva subito... Messa lì con la tazza calda tra le mani, quello strano vestito e la coperta in cui era avvolta, mi ripete' sottovoce che non sarebbe andata, che si sentiva già' meglio e che tra poco sarebbe passato tutto; così mi sedetti accanto a lei a guardare il mare e quel vestito bianco buttato sulla sabbia che si andava raggrinzendo man mano che si asciugava, ma una parola no che non la disse mai e restai li quasi a non disturbarla, lei che era un mistero apparsomi improvvisamente dal mare come una sirena.

L'unica cosa certa era che fossimo conterranei, visto l'accento, ma da dove venisse, come fosse arrivata lì e perché avesse fatto quel goffo tentativo di rinunciare alla sua vita, perché e per cosa e chi la aspettasse o se dovesse avvertire qualcuno non lo chiari mai quel giorno. Resto lì a bere e guardare il mare mentre io le lavai il vestito bianco leggero di cotone in acqua dolce e dopo alcune ore le preparai anche da mangiare, cosa che tento' di fare ma a cui rinuncio' presto, sempre li sulla porta di casa. Non parlo' molto; rispondeva a gesti ma sentivo come un grande dolore venire da lei, che le impediva di fare e dire qualsiasi cosa, ma cosa lo avesse determinato restava al momento un mistero. Mi aspettavo che quando si fosse sentita meglio, sarebbe sparita come era apparsa, invece a metà' mattina entro' in casa e mi chiese se poteva distendersi sull'amaca, le girava la testa e voleva riposare; così le diedi delle lenzuola, il materassino che io mettevo sulle corde dell'amaca e si coprì con la coperta nonostante ci fosse un caldo afoso, addormentandosi quasi subito al lieve dondolio di quel giaciglio un po' scomodo. 

Dormiva profondamente, così la lasciai lì, le poggiai vicino il vestito che anche se gualcito e strappato, era ormai asciutto e andai alla macchina e da li al paese dove comprai provviste per me e per lei; comprai anche un termometro, antibiotici, antinfiammatori, dei diuretici e altre medicine che andavano bene nella cura dell'annegamento. E siringhe alcool bambagia e ghiaccio medicale, anche se ero convinto che fossero soldi buttati dato che tornando non l'avrei ritrovata. Le comprai, al mercatino, anche un costume e un vestitino blu che pensai potesse andare. E delle infradito.

Da dove era arrivata, da dove veniva, perché avesse tentato quel goffo suicidio e le mille domande sulla sua vita mi giravano nella mente mentre guidavo. Quando tornai, un po' in ansia, convinto com'ero di una sua scomparsa, me la ritrovai ad aspettarmi all'inizio della strada che portava alla casa; aveva sentito la macchina, era ancora con la mia maglietta ed il pareo e mi venne incontro per aiutarmi a portare in casa il cibo e le cose che avevo comprato. Ma era troppo debole e stanca e usammo la carriola che riempimmo di tutto quanto avevo portato e, prima di entrare in casa, mi strinse un braccio e senza guardarmi mi chiese se sarebbe potuta restare almeno solo quella notte per la grande stanchezza le vertigini ed i brividi che sentiva... non mi avrebbe disturbato se le permettevo di dormire sull' amaca e il mattino dopo sarebbe andata via. 

"Senti" le dissi"intanto il mio nome e' Andrea e il tuo?"

"Laura" in un sussurro rauco.

" Ecco Laura, tu ci sei andata molto vicino ad affogare definitivamente senza possibilità' di ritorno, ma sei stata fortunata, sempre che questa per te sia una fortuna, come invece lo è 

per me che ho cercato di salvarti la vita e sembra che per il momento ci sia riuscito. Io faccio il medico nella vita di ogni giorno ed ho curato diversi annegati..."

La guardai forse troppo serio ma sostenne il mio sguardo e non disse nulla, continuai:

"Al momento sei troppo debole per fare alcun che, hai un problema polmonare e generale con tutta l'acqua salata che hai bevuto per fortuna poca;  avrai presto la febbre se non c'è l'hai già" e le toccai la fronte, scottava.

"Ecco già' scotti, puoi sviluppare anche una polmonite quindi ti ho preso dei farmaci che ti possono aiutare; se vuoi restare non sarà per poco, sarebbe meglio portarti in ospedale, ma al momento con la terapia possiamo vedere per uno o due giorni come va quindi puoi restare qui sino a che non guarisci, ma a patto che prendi le medicine e ti stai a letto dentro casa riguardata... se al contrario non vuoi, dimmelo subito che ti prendo e ti lascio al più vicino pronto soccorso ti do un po' di soldi e gli abiti che ti ho comprato e te la vedi tu"

Resto' in silenzio, si tocco la fronte, con addosso, buttato sulle spalle, uno dei miei cardigan nonostante il caldo che faceva.

"Si non mi sento proprio bene hai ragione", e accenno' un sorriso riuscito male; "ora mi lavo mi sistemo un poco e poi mi metto distesa, tu dammi quei medicinali mi fermo sino a che non passa... ma se tu non vuoi, lasciami sulla strada che un passaggio lo trovo ci sono abituata... restai immobile e rientro'. "Ti ho già detto cosa vorrei che facessi, non giochiamo a rimpiattino che non stai affatto bene." la superai ed andai in cucina.

Emerse dal bagno che sembrava un altra; si era pulita ed asciugata i capelli ed ora li aveva sistemati a chignon sul capo usando degli stecchini lunghi della casa... si era messa il costume e avvolta nel pareo rosso che le avevo dato, ma la faccia era sbattuta aveva gli occhi lucidi per la febbre e la pelle sciupata; le avevo preparato il letto cambiandole le lenzuola; tossiva a tratti, così le chiesi di sedersi sulla sedia prima di coricarsi e con l'orecchio poggiato sulle spalle sentii solo un lieve interessamento del polmone che era stato allagato in piccola parte, per fortuna, dall'acqua salata... Poi la misi a letto le diedi dell'acqua, le medicine ed anche un calmante della febbre', la coprii, le chiesi cosa voleva leggere e se voleva la radio e così dopo un'ora era lì coricata che leggeva i fumetti che avevo portato, i miei preferiti Dylan Dog e Corto Maltese, mentre la radio trasmetteva della musica tra il blues ed il jazz, perché stranamente su quella spiaggia si riusciva a prendere una radio svizzera, famosa, che trasmetteva questa musica anche in Italia.  L'avevo coperta con l' ultima trapunta pesante che restava ma continuava a tremare per la febbre tanto che il termometro segnava 38.5*C così le misi del ghiaccio avvolto in un tovagliolo sulla fronte.

E dopo poco la febbre era scesa, anche per effetto delle compresse e volle mangiare qualcosa ma quando tornai dalla cucina, già' dormiva un sonno agitato, interrotto a tratti da lamenti; e dopo un po' sprofondo', stanca com'era e la sentii russare lievemente dato la laringite traumatica e infiammatoria che con tutto quel bere e tutta quella tosse si era procurata. Così, dato che stava già tramontando, presi la canna e la lenza, la sediolina e mi misi a fare il pescatore per la prima volta da riva, cosa che non mi riuscì bene, sia perché' spesso tornavo a controllarla, sia perché quel tramonto particolarmente bello e tutti i pensieri su di lei, mi occuparono la mente e tornai a casa con la sporta vuota e tutte le esche mangiate dai pesci che volevo pescare.

Passai la notte sull'amaca, vestito di tutto punto coprendomi con una giacca a vento e dormii a tratti, perché lei con la tosse e con i suoi lamenti mi sveglio' più volte.

La mattina mi venne incontro con un sole caldo e forte e mi svegliai con un sussulto, tanto che sbilanciai l'amaca e quasi caddi e dovetti dondolare un po', prima di poter trovare una posizione per scendere e quando lo feci mi ritrovai con la coperta in mano che forse lei mi aveva messo addosso, lei che era seduta all'angolo opposto del portico con una tazza in mano e la trapunta che l'avvolgeva tutta, lasciandole solo parte della testa scoperta. Mi guardo' con uno sguardo spento e vuoto, alzo' la tazza come a dire che aveva fatto del caffè e latte, aveva il viso stanco, pallido, le toccai la fronte ed era ancora calda; entrai dentro e lei mi segui rimettendosi nel letto con la tazza di latte fra le dita, le passai il termometro che sparì sotto la coperta e dopo un po' me lo diede senza guardarlo. Era febbricitante, le portai la dose di farmaci che le spettava e dell'acqua e le dissi che anche per oggi doveva ancora riposare; se domani la febbre continuava saremmo andati in ospedale... Non mi rispose, si distese ed inizio' a piangere sommessamente ed io restai lì in piedi come un cretino senza sapere cosa fare; poi smise, si asciugo' gli occhi col dorso del braccio, mi guardo', accenno' un sorriso " Ancora radio letto pillole e fumetti ?" "Per oggi si" le risposi "poi domani vediamo se va meglio, dai! " e allora si mise di lato nel gran letto quasi a farmi posto io mi coricai e dopo un po' già dormivamo, lei acciambellata più vicina, io stanco e con la schiena a pezzi dalla notte passata curvo per l' amaca. La giornata passò, così, a dormire leggere ed ascoltare musica; feci pure il bagno e tornai in paese a comprare cibo e anche uno spazzolino ed una spazzola per lei, ma parole ne masticammo poche; già' lei non parlava ed io ero un po' imbarazzato e forse seccato che non mi raccontasse almeno cosa l'aveva portata a tentare di mettere fine alla sua vita, in quella maniera così maldestra...  Nel pomeriggio passeggiai sulla spiaggia per raccogliere conchiglie; in pochi giorni ne avevo riempito un sacchetto pieno, volevo portarle a mia figlia che ne fa collezione, ma quando rientrai trovai la tavola imbandita di tutto punto; il pesce affogato nel vino borbottava sui fornelli, tanti antipasti sul tavolo e il vino aperto e già nel mio bicchiere, dato che lei non beveva o forse non se la sentiva. Si era messa il vestito blu che le avevo comprato stringendolo in vita con un foulard ricavato da una pezza di cotone poggiata su una sedia che apparteneva alla casa, i capelli avvolti in una specie di bandana tagliata dal suo vestito bianco oramai inservibile e ciabattava in giro con le infradito troppo grandi. Mangio' solo patate, pilucco' un po' il pesce e parlo solo di fumetti, io le raccontai del mio lavoro e del perché quella casa e quella vacanza, poi comincio a tremare per il freddo, le diedi un maglione, altre medicine da prendere e si distese a letto ascoltando, accanto a me disteso in poltrona, ai piedi del giaciglio, musica sino a sera inoltrata e sempre in silenzio. Mi addormentai senza accorgermene, lei mi scosse e mi invito' a distendermi nel letto e così feci, ma quella notte fu una notte agitata, con lei che si muoveva a scatti e parlava bofonchiando parole incomprensibili, anche se al tatto non era calda; mi diede pure un calcio, ad un certo punto, con uno scatto improvviso della gamba, ma poi piano piano si quietò e crollammo tutti e due. 

Il mattino arrivò portando nuvole nere e una pioggerellina che presto si trasformò in monsone... Sarà' stato questo o forse che era sfebbrata, la trovai che mangiava come un lupo già' quando mi alzai, e mi chiese se volessi delle uova; aveva sempre il mio vestito indosso, i capelli tenuti dagli stecchini lunghi, il viso più disteso... Le dissi che no, non mangiavo mai uova al mattina, ma caffè yogurt e biscotti e così me li preparo' e mangiammo; guardandoci mi sorrise pure e ad un certo punto mi chiese se poteva fare una telefonata; le diedi il cellulare e pensavo che si sarebbe appartata per farla, ma davanti a me chiamo' qualcuno di nome Angelina che doveva essere molto preoccupato perché non la sentiva da non so quanto è che rassicuro' dicendole che sarebbe tornata presto a casa e la saluto' affettuosamente, mi  ripasso' il telefono e a me che la guardavo disse: "E' la mia governante, una specie di mamma e nonna insieme; ho vissuto sempre con lei ormai siamo sole da un po', le spuntarono le lacrime agli occhi ma con lo sguardo basso e continuando a mangiare tirando su con il naso mi disse: "io non ho più nessuno.. In famiglia siamo solo io e lei", smise di mangiare si alzo' per prendere dell'altro caffè' e mi chiese se ne volessi anch'io, mi passò la tazza e ci mettemmo seduti fuori a guardare il temporale... E com'è che siete sole tu e Angelina ? "Siamo sole da circa un anno ma io sono sola da molto più tempo... Mia padre e' morto quando avevo 10 anni... Per un tumore... mi è rimasto un grande dolore e una mancanza durata tanto tempo, un vuoto che a volte ho sentito e sento anche ora... Che non mi ha lasciato mai... mia madre non e' riuscita a colmarlo neanche in parte.. Non c'è' stato mai grande affetto o intesa tra me e lei... E' sparita dalla mia vita per tanti anni e ora e' sparita davvero"... Tiro' col naso stava per riprendere ma si fermo'. "Non credo che una tale mancanza possa essere colmata da nessuno; uno se la porta dentro per tutta la vita... Ti cambia l'esistenza... Anche il mio e' morto quando ero giovane... Per fortuna la famiglia bene o male e' rimasta unita... Ma com'è' che tua madre e' sparita dalla tua vita?..." "Con mia madre non e' andata mai bene te l'ho detto... caratteri opposti... mio padre e lei si occupavano tutti e due di barche da diporto avevano una azienda insieme ed eravamo sempre in mare e sempre in giro... Poi, dopo la sua morte, mia madre porto' avanti l'azienda da sola... Lei stessa non c'era mai a casa... così fui affidata ad Angelina o diciamo che ci trovammo io e lei da sole e mi fece da madre nonna e baby sitter ed anche ora... Con la morte di mio padre fu come se morisse anche quel poco di affetto che  mia madre aveva per me". " Sai a volte dopo avere perso il marito il malessere ti cambia ma da qui a dire che non ti ha mai amato..." e questo lo dissi quasi sottovoce; mi sembrava di entrare in un ambiente fragile, di cristallo... "Ma no che c'entra figurati se mia madre era così sensibile come la fai tu..  Tra me e lei è stata una competizione continua per le poche volte che ci siamo viste... una sua competizione nei miei riguardi... Quando mio padre era vivo io e lui eravamo sempre insieme, appiccicati e lei quasi si arrabbiava, mi dava cose da fare, mi teneva impegnata lontana da loro... Poi quando e' morto non c'era mai, sempre in banchina con le sue barche, forse qualche rara telefonata ogni tanto... I primi tempi quando ero al liceo e lei ogni tanto veniva a casa, non potevo avere o portare nessun ragazzo o amico o compagno, dato che lei che era bellissima li faceva scappare con il suo caratteraccio così maschile o quasi imbarazzandoli quando beveva perché si metteva li a corteggiarli quasi fossi io... Beveva sai e molto e quando beveva non sembrava neanche lei. Se c'era un uomo anche un ragazzo lei doveva essere l'unica... Al molo sud anni dopo la morte di mio padre la chiamavano "facile”, un soprannome che non ho bisogno di spiegarti... Quante volte siamo dovuti andare via con i miei amici... Poi non e' venuta praticamente più a casa"... Si alzo' andò' di la'; ancora caffè ancora quello sguardo davanti a se a guardare il mare; ma non lo guardava, chissà dove e cosa guardava..." Ma tu quanti anni hai ?" Si giro e si mise quasi a ridere come se in questo fosse tradizionalista: "Ho 28 anni, mi sono laureata in economia e commercio fuori e lavoro o meglio lavoravo nel settore commerciale di una grande agenzia turistica"... "Fuori dove ?" "A Milano... quando mi diplomai mi mando' a Milano a studiare, mi pago' tutto. Partii con Angelina il mio angelo custode... Si, ci diede tanti soldi e ci tenne lontane... Si libero' di me finalmente... Da quel giorno che partii la vidi forse per le feste comandate e le rare volte che la sentivo... così per circa 7 anni la mia vita e' stata senza vederla mai o averle parlato per più di qualche momento e in più quando tre anni fa sono tornata, andai a vivere con Angelina nella vecchia casa di mio padre, mentre lei oramai stava stabilmente nella sua grande barca a vela al molo"... Pioveva una pioggia fitta e a raffiche, tanto che dovemmo arretrare su due poltrone sulla porta di casa e lei si mise anche una coperta sulle gambe, le toccai la fronte ma era fredda: "andavo ogni tanto a trovarla, mi sentivo in colpa di non darle forse l'affetto che voleva, di non esserle stata vicina quando Papà' era morto, anche se era lei che mi teneva lontana... Ma quando l'andavo a trovare la trovavo sempre alticcia... Aveva più di un uomo; la vedevo sempre con uomini diversi in atteggiamenti spesso intimi... Beveva anche smodatamente e mi faceva a volte delle sfuriate per un nonnulla tanto che presto smisi di andare... ma non basto' questo a salvarmi... Non basto'..."  " In che senso... da chi non ti salvasti ?" " Ma da lei ! da mia madre" la sua voce si era fatta metallica, dura, infastidita; si fermo a sorseggiare il fondo del caffè non mi guardo', ne' guardò la pioggia, guardava dentro se stessa presa completamente dal racconto: " capito' che forse per la prima volta mi innamorai e guarda caso mi innamorai di un suo schipper Marco.. Lui era bello come mio padre, gli assomigliava, un po' anche come modi di fare; era dolce, più grande di me e quando mi portava in barca, mi sentivo come quando da piccola mi ci portava mio padre... Ne ero molto innamorata, facevamo i salti mortali per vederci, lui spesso era fuori per i charter... Anche lui penso mi amasse, almeno pensavo..." Sentivo come se stesse arrivando una tempesta, come se l'onda lunga del suo racconto ora si stesse alzando per colpirci... "Sarà stato un bel periodo, forse per la prima volta la mancanza di tuo padre si faceva sentire di meno". Ma non mi ascoltava, aveva lo sguardo fisso dinanzi a se di nuovo assente: "Lei fu furiosamente contraria, mi diceva che questa storia non era nulla di buono e non voleva che ci frequentassimo, tanto che per vederci, ci vedevamo a casa mia dove lei non veniva mai o quando uscivamo da soli in barca... Nonostante tutto, nonostante lei ci ostacolasse io mi sentivo amata o almeno credevo"... Aveva smesso di piovere e lei si alzo' continuando a parlare passeggiando su e giù... La sua voce a volte nei punti bui in cui l'ombra la nascondeva mi arrivava come se giungesse dal mare, da dove era arrivata lei "poi un giorno mi recapitarono una lettera del notaio su certi fondi che mio padre mi aveva lasciato e che avrei potuto prendere di li a poco... la cifra era consistente, ci avrei potuto vivere per il resto della vita; erano titoli a 20 anni di cui io ero beneficiaria, acquistati da mio padre pochi anni prima di morire e scadevano proprio dopo qualche mese e il notaio aveva avvertito anche mia madre a cui ne spettava una parte... Lei mi fece una telefonata dopo che firmo' dal notaio chiamandomi ricca ereditiera e che da quel momento non avrebbe più scucito un soldo; poi rise e divento' dolce e gentile, dicendomi che quel Marco non era nulla di buono... nulla di buono per te... e ubriaca come la sentivo chiuse la telefonata ridendo sguaiatamente. Fu due anni fa... ", ora la sua voce sembrava come rotta da qualcosa, come se le si fosse incrinato dentro anche il ricordo: " non so, ebbi come un presentimento, la notte non riuscii a dormire e la mattina presto andai al molo all'alba e mi avvicinai di soppiatto alla barca dove viveva... non so cosa volessi fare, ma cercavo Marco; non aveva risposto al telefono e a casa la sera prima non c'era... Così mi avvicinai e dal boccaporto della barca vidi dentro la sua stanza e nel letto Marco nudo che dormiva; lei ubriaca russava, nuda anche lei, ma seduta al tavolo da lavoro che aveva sulla barca; così feci alcuni passi indietro e scappai... ero furente... lui non lo volli vedere più. Mi sentivo confusa, tradita, offesa, arrabbiata, evitavo anche di incontrarlo... Quando sentivo lei, mi veniva una rabbia terribile! Ero talmente violenta nei suoi riguardi che stavo in silenzio per la paura si sentisse che l'avrei anche tolta di mezzo"... Le cominciarono a gocciolare lacrime senza singhiozzi per la rabbia; gocciolava e deglutiva non riusciva più a parlare; entrai dentro, presi le sue pillole era l'orario, presi anche dell'acqua e gliele portai; le prese senza dire nulla bevve e per un po' stiedi li a guardare il mare mosso e il buio; l'aria sapeva di bagnato; sarebbe continuato a piovere ma più tardi. Ora l'aria intorno si stava caricando di elettricità' vedevo lampi all'orizzonte: Il silenzio si fece pesante, pensai che non avrebbe più parlato ma poi torno' era andata dentro e adesso era seduta avvolta nel mio cardigan: " Evitai di incontrarla per tutto il tempo successivo oramai non ci legava più nulla io avevo soldi a sufficienza per Angelina e per me; continuai a lavorare ma lei no che non la sentivo più; raramente telefonava ma le facevo dire che non c'ero. Non ne seppi veramente nulla anche di Marco, per tutto il tempo che rimase... sino a quel pomeriggio in cui mi vidi arrivare al lavoro Angelina... era venuta la polizia a casa a cercarmi, volevano che andassi da loro e andammo..." la guardai ma lei si giro verso l'estremità opposta della spiaggia, la sua voce mi arrivo dalle sue spalle dura roca: " C'era stato un incidente in mare mia madre e Marco stavano provando una nuova barca; erano usciti al largo a ridosso di un temporale. Mi dissero poi che da un po' bevevano tutti e due e facevano coppia fissa ed erano diventati imprudenti; uscivano con qualunque mare e quella volta furono presi da una tempesta al largo, non riuscirono a governare la barca a vela che si capovolse, il corpo di mia madre fu ripescato con vari traumi alla testa, aveva carambolato nella barca mentre si capovolgeva. Il corpo di Marco fu trovato alla deriva esanime; forse era rimasto vivo per un po' ma erano troppo fuori costa e anche lui lo ripescarono morto, attaccato a qualcosa che non so cosa fosse... Dovetti riconoscere il corpo di mia madre senza vita e fu terribile la solitudine che provai anche se non sentivo pietà per quella donna oramai morta... No nessuna pietà'... fuori incontrai i genitori di Marco; la madre piangeva a dirotto il padre era come assente... piansi anch'io abbracciata alla madre... A settembre farà un anno che e' morto" vidi nella memoria una foto di una barca trainata in porto con sotto la notizia del ritrovamento di due cadaveri... Si, era stato un anno prima ma avevo letto solo poche righe della " nuova tragedia in mare" come titolava il giornale... "Si mi pare di avere letto la notizia... La barca era veramente mal ridotta ricordo la fotografia sul giornale... Mi dispiace anche se avevate un cattivo rapporto, incattivito dalla storia con Marco, era l'unico familiare che ti rimaneva"... Si giro', mi guardo' con occhi freddi accusatori quasi l'avessi evocato io il temporale che li aveva uccisi, bevvi aspettando che parlasse, ma ora le parole le sputava fuori con la freddezza che difende dal dolore: "Il funerale di mia madre fu un incubo. C'erano pochi parenti che non avevo mai visto e tutti quelli del molo sud, molti maschi e tutti a dirmi la gran donna che era stata dopo la morte del marito e alcuni anche ubriachi a schiacciarmi l' occhio, come a dire che era una vera donna una femmina da letto che si era scopata tutto il molo sud... ricordo che stiedi per ore immobile accanto alla salma a stringere mani sconosciute e a sentire parole di conforto con dentro una voce che mi diceva che finalmente era morta e ora ero io la padrona di me stessa. Mi restava oramai la metà' dell'impresa di mia madre che feci amministrare al loro socio da sempre e che da allora mi diede solo un ricavo, insomma ci accordammo. Non volevo più saperne di barche, ne del mio lavoro ne di altro, fu come se mi fossi liberata di un incubo... Finalmente sola." Ma non resse, la parte della donna dura e indipendente come forse era stata sua madre... La sua voce divenne un sussurro, un bisbiglio, poche parole rilasciate alla fuga del vento: " Lui fu sepolto al nord, nel paese dove era nato anche se aveva vissuto per tanti anni qui da noi e non andai al funerale, ma qualche mese dopo andai a trovarlo e stiedi li con i fiori in mano davanti alla sua tomba senza saper che fare, messa lì a piangere... " Si asciugò le lacrime con il maglione che aveva sulle spalle: "ero finalmente libera, libera come l'aria con tanti soldi da poterci vivere una vita, giovane e magari bella, no ?" E mi guardo', ma io guardavo la spiaggia e il mare e non guardai i suoi occhi, nemmeno quando continuo' tenendoli sul mio viso.

"E da quel momento c'è' veramente poco da dire, potrei condensare il tutto in sesso droga e rock'n'roll. Cominciai a frequentare ambienti bene uomini e feste; la mia vita era fatta di dormire di giorno e vivere di notte; cambiavo partner come fossero noccioline, mi davo a tutti e mi facevo di tutto fumo coca ecstasy... ma solo ciò che mi potesse dare euforia mi faceva sentire veramente bene"... Bevve... "non so quante feste ho fatto o quanti uomini ho avuto in un anno, come se avessi perso ciò che mi teneva la brava ragazza che ero e mi ritrovavo ad essere una bad girl che mi piaceva... e poi c'è stata la festa qui vicino e poi... questo."

Le ultime parole erano state dette correndo, come quando uno parla pensando ad altro o le parole non sono poi così importanti. Aveva cambiato registro, d'improvviso non la sentivo risuonarmi dentro come prima: "E così dopo la festa ti sei detta mah mi vado a fare una passeggiata e un bagno e hai tentato di annegare così per gioco"... Mi fermai un attimo ma non ci fu risposta continuai... "Io invece penso, ma e' solo una sensazione, che Tu stia molto male, male di testa intendo, e non so da quanto, ma mi vuoi dare a bere che avevi scelto così' per sport e per piacere di fare la Bad girl come la chiami tu"... E la guardai o meglio guardai il suo profilo, storto come storta era lei seduta sulla sedia... "E penso anche che perderti, come dici tu, fosse la migliore maniera di dimenticarti di te stessa, di quanto stavi male, di cosa si agitava dentro... Hai visto mai una fatta di tutto che si fa una passeggiata al sorgere dell'alba, va in una spiaggia vicina e prima di buttarsi per morire guarda magari chi c'è in casa, non sia mai che prima si possono scambiare quattro chiacchiere, così per poi buttarsi meglio"... E mi allungai sull'amaca.

"Non ricordo cosa sia successo prima del mancato annegamento quella sera, ricordo solo che avevo voglia di farla finita mi veniva dallo stomaco, ne avevo la testa piena"...  "E forse te ne sei impaurita e prima di farlo hai cercato qualcosa o qualcuno che ti trattenesse"... "Non era la prima volta che succedeva; da un poco non posso stare ne' vicino alle finestre aperte di casa mia ne a volte riesco a dormire, col desiderio di farla finita che ho, di frantumarmi in mille pezzi... Ultimamente mi facevo di ansiolitici e di qualunque cosa mi capitasse per farmi dimenticare del mio stomaco. Come quando gli uomini mi prendevano come una puttana... era lì che riuscivo a dimenticarmene... solo li... Negli ultimi mesi, dall'alba non mi alzavo più sino alla sera o alla scopata successiva, dormivo sempre e poi fuori di notte per strada"... "In nulla diversa da tua madre che dopo avere perso il marito si diede agli uomini al lavoro e all'alcool"..." Mi sentii di dirglielo tanto era lampante la somiglianza, ma me ne pentii subito sentendo la marea montante che saliva... "Tu non conoscevi quella troia cosa ne sai dillo cosa ne sai"... Inizio' ad urlare... "che mi aveva preso tutto Marco mio padre e anche la vita... che ne sai eh che ne sai !!!" e me la ritrovai di sopra urlante con le mani sulla mia faccia che si agitavano... "Si non ne so nulla e' vero"... Il tono fu bassissimo ma rimbombo' tra i nostri corpi. Si fermo'; forse si rese conto che mi era troppo addosso; si allontano', arretro' sino al bordo del gradino, quasi cadde all'indietro come un ubriaca poi si sedette prima carponi e poi per terra sotto e di lato all'amaca dove non la vedevo... Respirava forte e strisciava le infradito sulla sabbia sparsa sul pavimento... Mi fece pensare al bambino autistico che avevo visto anni prima in ospedale che chiuso in se stesso strisciava i piedi per terra senza darsi pace... Il mio paragonarla alla madre l' aveva fatta chiudere in se stessa lei che si sentiva così diversa da quella donna e probabilmente lo era, ma se guardavo al suo comportamento dopo la morte della madre non ritrovavo nessuna differenza tra le due come se fossero l'immagine speculare l'una dell'altra... "Mi dispiace se quel paragone si e' rivelato poco felice -lo strisciare i piedi sull' impiantito del portico aumento'- e non volevo affatto procurarti altra sofferenza; ma ammetterai che ci sono molti punti in comune tra i vostri comportamenti... Se penso a tua madre sconvolta dalla morte prematura del marito lei giovanissima, capisco come si possa divenire insensibili verso gli affetti, darsi all'alcool ed al cercare momenti di piacere con chi glieli poteva dare, chiunque fosse e comprendo anche come trovandosi dinanzi ad un rapporto che aveva con te, unica figlia, complesso e per lei angosciante e forse geloso, possa averlo maltrattato aggredendolo ed allontanandosene invece di farsene carico... Dandosi forse ad una vita che correva sul filo di una possibile distruttività se non cosciente quantomeno ricercata, non badando sia ai danni dell'alcool sia ai pericoli che il mare comporta...  Se la guardi freddamente e' possibile che tutto questo sia stato causato forse come una reazione alla perdita di tuo padre... Una perdita àltera gli equilibri e l'angoscia che determina può distruggerti nel giro di niente"... Continuava a non rispondere ma lo struscio dei piedi si fermò... "Tu in fondo da quel poco che mi hai detto, dopo la perdita da bambina di tuo padre che, come hai detto, ti ha lasciato un vuoto che senti ancora adesso, hai sviluppato negli anni una relazione con tua madre quasi da perseguitata visto che non ti riconosceva alcun ruolo nella sua vita togliendoti l'affetto che avresti voluto... ti trattava male, ti toglieva l'amore, la città, la vita... mi hai gridato... Divenendo, la figura di tua madre, quasi una figura persecutoria che ti bersagliava oltre ogni dire... Ed alla sua morte te ne sei sentita liberata... Ma se mi metto al tuo posto ritrovo qui il paradosso di questa storia... Il liberartene non ti ha portato benessere ma quasi una spinta emulativa... Uomini, droghe, chiusura affettiva, il vivere una vita dissociata dal dolore che sentivi, stonandotela con tutto quello che poteva farti dimenticare per un momento il tuo di dolore... Una tua madre in piccolo dopo una perdita sia della figura materna sia del tuo unico amore che lei ti aveva strappato dal cuore... E ora che potresti essere appagata libera ricca e come dici tu bella, quasi una pubblicità del tuo brand, ora non riesci a vivere se non pensando di farla finita... E ritrovandoti con una enorme rabbia dentro che non sai dirigere se non verso te stessa per fargliela pagare, non si sa a chi, dato che hai perso tutti... Quasi che il tuo odio avesse determinato le loro morti... E' solo una sensazione la mia, dettata anche dal malessere che scateno' in noi figli ed in mia madre la morte di mio padre tanti anni fa... Ma mi porta a pensare che dietro questa grande rabbia ci sia un senso di inadeguatezza, di non essere stata mai considerata per quella gran persona che ti consideri, mentre invece ti trattavano come una cosa da niente... Come se la loro morte, il loro abbandono, non fosse una cosa determinata da cause esterne ma un risvolto del tuo essere inadeguata, anaffettiva, incapace di amarli come volevano e per questo messa al bando... Quasi non sapessero leggere la tua bellezza e guardassero solo alla tua pochezza punendoti con l'abbandono... Non so ma mi viene proprio da pensare questo"... La voce mi arrivo' dal buio... "Non capisco tutti questi tuoi arzigogolamenti, capisco solo che passo da momenti di estrema rabbia a momenti di distruttività estrema... E ti ripeto: io forse alla lontana posso avere dei comportamenti simili a quelli di mia madre, ma ora c'è' il vuoto intorno a me, un vuoto che mi angoscia, mi fa andare su tutte le furie, che mi fa impazzire e vorrei rompere ma che non riesco neanche ad accettare"... "E non ti rendi conto che la tua lotta contro questo vuoto passa al momento per farti il vuoto dentro e per diventare tu vuoto, per morire come loro sono morti ? E' successo, sono andati via dalla tua vita, non torneranno, ma tu sei viva e non c'è possibilità di immolarsi, di morire affinché tornino... il tuo amore per loro, il tuo volere farla finita, il tuo immolarti per farli rivivere non li farà tornare... Devi cercare di capire quello che si agita dentro di te e accettarlo comprenderlo e conviverci... Forse e' meglio che fai quello che hai tentato di fare prima di buttarti... Cercare aiuto... Cercare l'aiuto di qualcuno che ti faccia uscire dalle troppe morti che hai dentro che ti ci faccia riflettere sopra, invece di cercare di non pensare o di fare di tutto per non sentirlo il tuo stomaco distruttivo"... "Mi impaurisce troppo anche parlarne e' già quasi un anno che dura... Sei forse una tra le poche persone a cui l'ho detto oltre Angelina... Mi impaurisce pensarlo, sapere che arriverò' davanti il balcone o una macchina per strada e che mi sentirò così rabbiosa ed inutile come mi sento adesso... E pronta a farmi a pezzi in qualunque modo per non pensarci"... "Sai, ho imparato a mie spese che il malessere spesso ci stupiamo che ci arrivi improvvisamente e crediamo che chissà cosa l'abbia determinato... Ma poi ci accorgiamo che ci accompagnava forse sin dall'adolescenza e forse anche tu te lo porti dentro da tanto e tutte queste morti te lo hanno tirato fuori, assopito com'era... Ti ripeto sono tante le ragioni e i sentimenti contrastanti che si sentono dopo una morte... Ci si sente abbandonati ma a volte anche rabbiosi verso chi ci ha lasciati e non capiamo con chi l'abbiamo e a volte scopriamo che l'abbiamo con noi stessi come se fossimo stati noi con i nostri comportamenti a determinarle... Come se fossero morti per qualcosa che abbiamo fatto o per la nostra maniera di essere stati, come se fossimo fatti male da sempre... E che quasi siamo noi i colpevoli di quelle morti, con tutte le maledizioni che magari gli abbiamo lanciato... Come se fossimo capaci di determinare la vita e la morte dell'altro... Almeno questa e' stata la mia esperienza... Ma poi magari le ragioni sono altre... Si, Forse e' meglio che tu ti faccia un periodo di riflessione con qualcuno che ti aiuti a tirartelo fuori il rospo dallo stomaco"... "E cosa potrei dire a questo qualcuno più di quello che ho detto a te... Parlarne mi fa pure paura... Ho paura che torna il mal di stomaco... Quando mi viene questa furia di farla finita come la chiamo io se mi prendo gli ansiolitici mi passa"... "Si ma così tutto ti resta lì sospeso aspettando la volta dopo che ti dovrai intossicare per farlo passare e poi diventerà sempre più forte sempre più forte sino a che non ti farai a pezzi davvero... Ora ci hai tentato e sei salva per miracolo solo perché la casa era occupata da uno curioso di seguire le tue orme sulla sabbia... La prossima volta non ci potrebbe essere nessuno a fermarti con le sue braccia pronte a salvarti dal tuo volo dal balcone... La tua vita e' preziosa sempre che in questo momento tu riesca capirlo... E poi a me non hai detto nulla di terribile, nè una parola sul perché tu ti vuoi annientare... Farla finita... Pensaci... Mi hai solo raccontato della tua vita ma il perché' richiede qualcuno che insieme a te lo vada a cercare e lo chiarisca... Un dottore della testa o meglio un investigatore della mente... E le sorrisi... Che dipani i fili aggrovigliati del tuo malessere come tu fai con la spazzola quando ti pettini i tuoi lunghi capelli la dove sono arruffati... Annodati"... Non rispose ne' si giro'... Restammo in silenzio con lei che beveva qualcosa a piccoli sorsi ed io che guardavo i lampi lontani nel buio... Non parlo' più per quella sera ma neanche io ne avevo voglia... "Va bene Laura vado a letto, sono stanco, ricorda che c'è' troppo umido per te qui fuori e che devi prendere le medicine prima di addormentarti... Buonanotte ciao" ed entrai dentro... "Si, fra un po' ... ciao"...

Mi rigirai nella mia metà' di letto ma mi quietai solo quando sentii che lei si coricava... Mi sembrava di essere stato troppo duro con lei e poi aveva anche ragione cosa ne sapevo della sua vita oltre le sue parole e quello che aveva fatto... Sentii che mi si appoggiava contro e stiedi li non so quanto a respirare schiena contro schiena sino a quando non sentii i sussulti ed i singhiozzi e allora mi girai e la presi tra le braccia e restammo lì a respirare e lei a piangere sino a che la stanchezza non ci prese col suo buio.

 

Mi ha chiamato qualche mese dopo dicendomi che stava molto male i disturbi erano aumentati, non usciva più di casa, voleva che le indicassi qualcuno a cui rivolgersi. Tramite un mio amico psichiatra ho avuto l' indicazione di una collega che lavorava in ospedale ma che faceva anche l'analista e che si occupava proprio di persone con tendenze suicidarie. Le ho parlato diffusamente del caso chiedendole se potevo farla chiamare da Laura. Così le ho telefonato, le ho dato il numero e ho detto a Laura di chiamarla. 

 

La incontro ogni tanto. Siamo rimasti amici o forse solo un po' più che conoscenti per ciò' che e' passato tra noi. Sono già passati tre anni e sembra che abbia fatto un percorso non so se con la collega che le avevo indicato o con altri ma sicuramente con qualcuno che l'ha aiutata ad uscire dal buio. Si e' aperta una agenzia di viaggio che e' diventata naturalmente la mia agenzia di viaggio e che da quel che sembra e che lei mi racconta quando telefono o ci vado, va bene, promette. Quando mi capita di andarci, unica maniera di incontrarla, mi corre incontro sempre, se c'è. Con questi suoi passi piccoli brevi rapidi che quel giorno arrivarono anche alla mia porta.

 

 

 

 

  

 

 

 

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Sul Blog i Contenuti del Numero 28
Dicembre 2014

Un Nostro Grazie a:

in Cover
Maria Teresa Greco, Anna Roberto,
Giovanni Apolone, Luigi Bisanti,
Mauro Niero, Vittorio Caimi,
Paolo Longoni

In Focus:


Flaminia Coluzzi,
Matteo Ruggeri
Paola Michelozzi,
Francesca de’ Donato
Laura Reale, Michele Zanetti,
Massimo Cartabia, F. Fortinguerra,
Maurizio Bonati

In Racconti a Margine:


psycapolide



In Out of Border:


-Emilia Maggiordomo
e Laura Costa



In Student Corner:
-Gruppo Di Studio Siaarti per
La Sicurezza in Anestesia


-Caltabellotta A.
- Iacono A.

In Graffiti:
-Ettore Lo Bianco



In Nurse Science:


Giancarlo Cappello, Sandy Giammona,


Filippo Marchese, Egman Sabrina.


ISMETT Palermo Nurses Educator

E ancora...



Ai Nostri Infaticabili:


-Andrea Cracchiolo e 
Daniela Palma


per Student Corner


-Emilia Maggiordomo
e Laura Costa


per la Sezione Dedicata 
alla Poesia


di cui sono le Curatrici
-

i Nurses Educator Ismett
di Palermo


per la rubrica
 Nurse Science,


da loro curata.


Fonti N.°28, DICEMBRE 2014


Si ringraziano altresì:
- Board della SIAARTI e Pamia
- Recenti Progressi in Medicina 


-Ricerca & Pratica


-Il Pensiero Scientifico Editore


-Biomed Central Open Acces


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-Evidence 
www.evidence.it

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