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Racconti a margine

IL Salto

14/12/2013  
di Salvatore Vasta

I calzettoni mi scivolavano come al solito, una seccatura, ma oramai tirarli su era automatico come ricordare le parole della mamma quando, io con le calze giù, mi sussurrava un secco ed inappellabile: “sciatto !”. Fu ancora più seccante ora. Non era facile questa volta farli risalire ed aggiustarli, in equilibrio com’ero su quella sedia, poggiata con la spalliera al muro del terrazzo che finalmente potevo superare con lo sguardo e finanche appoggiarmi ai mattoni di graniglia che ne disegnavano il limite superiore. In punta di piedi sulla sedia, con le braccia poggiate al parapetto potevo guardare giù nel cortile, e oltre il suo perimetro, vedere la ferrovia, i treni che passavano, e sulla destra, quasi di fronte, confinante, il muro della clinica con le sue stanze, ogni stanza un balcone. Non era orario di giochi né di affacciate, era quasi ora di pranzo, ma i miei non erano ancora tornati dal lavoro mentre io ero rimasto a casa, - insieme ad una nostra lontanissima cugina di nome Flavia ma che noi chiamavamo "Angelina" dato che assomigliava più alla specie degli angeli che non alla nostra e che badava a noi oltre ad aiutare mia madre per le fatiche-, perché la mia classe come tante della mia scuola doveva essere disinfestata, da cosa non capivo, neanche la parola capivo bene, ma restare a casa a giocare con l’altalena ed a permettermi l’affaccio proibito era uno spasso… stavo seguendo al momento sull’azzurro limpido del cielo la stretta scia di nuvola lasciata forse da un aeroplano, senza riuscire a vederlo l’aeroplano; e la scia si allungava come se una mano invisibile la stesse disegnando su nel cielo. Fu sull’inciampo di una virgola, per una probabile virata, che sentii arrivare le voci concitate, alte, poi le grida, “No !” “Torna Indietro!”, “Non Farlo”, detti a voce sempre più alta e smisi di guardare il cielo e mi guardai d'intorno. Non riuscivo a capire da dove venissero le urla; poi la vidi… lì, quasi di fronte, all'angolo del cortile, una signora anziana con una buffa camicia da notte a fiori ed i piedi nudi; una vecchia con i capelli bianchi, tutti bianchi come il muro della clinica dietro di lei, una malata forse, che aveva superato il balcone non so come, e si era messa in bilico sul cornicione con le braccia larghe, quasi a tenersi al muro per non perdere l’equilibrio, anche se il muro non dava appigli. Guardai, dapprima non capendo bene cosa succedesse, poi mi accorsi che lei non sbirciava neanche chi le gridava di tornare o di non fare non so cosa, ma guardava seria e concentrata, tre piani più giù, il grande cumulo di terra che c’era proprio sotto di lei nel giardino che circondava la casa di cura. Mi chiedevo il perché fosse così attratta da quel cumulo di terra rossa; e perché si fosse messa a strisciare in bilico sulla cornice che circondava quel terzo piano. Allora pensai al gioco che facevamo sulla spiaggia, d'estate, buttandoci giù dal muretto sulle dune, e capii, tra le grida angosciate degli astanti affacciati tutto intorno, che lei voleva forse buttarsi su quel monte di terra; ma da quell’altezza si sarebbe di certo fatta male.
In piedi sulla sedia, allarmato come tutta la gente intorno, occhi puntati come me su quella vecchia nonna che voleva volare, sentii d’improvviso alzarsi un “NOOO !” collettivo, e anche io le gridai “NO !” come tutti, quando la vidi lanciarsi con un passettino, verso quella montagna di terra; un passettino delicato, come i passi di danza che faceva mia sorella quando si esercitava a casa, che poi restava in bilico sul passo fatto, con l’altro indietro ormai staccato da terra; lei, la donna, lì fece lo stesso, solo che il passo avanti non poggiò su nulla ed il passo indietro era già staccato dal cornicione, e l’equilibrio inarrestabilmente spostato avanti, e la vidi, con le mani in alto come in un “tuffo a piedi” fatto a mare, cadere, come al rallentatore, con sottofondo di urla, sulla terra di sotto, per poi vederla rotolare sino a scomparire dietro il muro di cinta… mentre io col fiato mozzo, dopo il pieno d’aria risucchiato per  paura, e le mani sulla bocca che mi impedivano di sputarlo fuori, stavo in apnea come se con quel risucchio d’aria la potessi ancora trattenere dal finire la sua corsa giù; e già si sentivano le grida dei giardinieri e della gente della clinica che accorreva. A me non restò che guardare l’impronta lasciata dal suo corpo sulla terra confluire nel solco della scivolata sino al muro. Come era stata in silenzio prima di buttarsi, da lei adesso non veniva lamento. Cercavo di vederla sporgendomi sino all’impossibile, ma alle grida “E’ viva ?” non giungeva risposta da quella massa oscillante di gente che si era stretta attorno a lei, dove lei era, a me ancora invisibile, dietro la recinzione. E poi d’improvviso fu buio, non vidi più nulla, i miei occhi dietro le dita delle mani, quelle di mia madre. Non l’avevo sentita arrivare, preso com’ero da quel volo d’angelo, e lei mi aveva messo la sua mano sugli occhi prendendomi in braccio, mentre diceva sottovoce a qualcuno: “si, si è buttata di sotto”…  rispondendo credo alla voce di mio padre che chiedeva se era morta. Ed io nella penombra della luce filtrata da quelle dita, nel volo tra le sue braccia dalla sedia sino a terra, me la ritrovai vicina come mai, nel suo ripetermi all’orecchio “non guardare figlio mio non guardare… non guardare no, quella povera pazza”. Ma quando fui finalmente senza benda, con la mano nella mano di mio padre che mi trascinava dentro, la testa girata all’indietro con gli occhi che imploravano le braccia di mia madre, capii che per la prima volta avevo visto una persona forse cercare di morire, o di tentarci almeno. Anche se ancora non capivo perché; ma sentivo un peso al petto a pensarci e mi immaginavo con tutte le mie ossa rotte o doloranti sotto quel muro… ma morta come diceva mio padre non so… morta come il nonno no… lui era dentro una cassa di legno circondata da fiori colorati ed era rigido, era successo alcuni mesi prima, e non parlava né volava su cumuli di terra e quando l’avevo baciato l’avevo sentito freddo anzi freddissimo… con le mani di mia madre che andavano e venivano dai miei occhi come a cercare di farmi vedere il meno possibile, ed a consolarmi, per quella brutta visione, con quelle sue carezze, fatte con le dita tra i capelli; mentre, quella signora, un minuto prima era in piedi un minuto dopo era solo un corpo nascosto dietro un muro tre piani sotto… e non c’erano né scatole di legno né fiori. Sentii benissimo la sirena dell’autoambulanza, e pensai che la stavano salvando. Ma da quel giorno, non so perché mi venne forte uscire in terrazza. Forse ormai ero grande abbastanza da non entrarci più nell’altalena, forse perché ero stato a guardarla volare come se fossi stato lei… o forse perché avevo sentito le mani di mia madre così vicine, attente alle mie paure che per un momento erano le sue… come se non volesse che saltassi anch’io… si oramai nel ricordo, finalmente e per un attimo, le mani di mia madre furono il calore dove rifugiarmi dalla vista delle cose brutte là fuori. Lei sapeva... era come se mi fossi buttato io come avevo desiderato fare più volte per fargli pagare ai miei la loro indifferenza, la violenza senza scopo di mio padre… quante volte avevo pensato di saltare da quell’altezza con l’altalena, certo di arrivare piani sotto incolume gridandogli “l’ho fatto !”. Ma a pensarci adesso non mi ritornava in dietro nessuna gioia, nessun orgoglio, nulla in cambio dell’urlare col mio salto “ io sono io … non potete nulla contro di me”… ora immaginavo, dopo il salto dietro il muro, le braccia e le lacrime di mia madre accogliermi, mentre mio padre mi guardava anche lui con gli occhi lucidi per lo scampato pericolo. Ma solo ora sapevo che non si restava incolumi; ci si faceva tanto tanto male e forse si moriva come era morto il nonno mesi prima. Da quel giorno scacciai piano piano il ricordo di quel volo da me, negli anni passati tanto desiderato mentre volavo sopra l’altalena con gli occhi chiusi e contro tutti, sempre più su sino a toccare il tetto con i piedi o come diceva mia sorella il cielo con un dito… e cambiai giochi e maniere. E al passaggio dalle elementari alle medie pochi mesi dopo quel volo, le mie altalene erano i libri ed i voti, come se con quel salto io fossi andato oltre il limite d’altezza della mia infanzia e mi fossi catapultato con un passo, oltre la mia età i miei calzettoni l’altalena il cortile i giochi e volando da quel cornicione fossi atterrato sulla mia adolescenza su qualche cosa che andava seguito curato inseguito e che poteva essere anche doloroso, fare male, senza avere più tempo di giocare a “casca il mondo casca la terra” o a nascondino, per giocare ora a saltare l’asticella con il professore di educazione fisica che ti rimproverava se dopo tre volte non c’eri ancora riuscito ed i compagni che ti facevano la baia.
Ero andato oltre la mia età, con un salto che in un secondo, dopo un atterraggio muto, aveva distrutto quello che ero, per ridarmi ad una dimensione che era quella che sono… qui, oggi, tra le braccia di mia madre.

E’ stata una sirena d’ambulanza che suona ancora a darmi indietro quel ricordo. Quando mi sono scosso dal sentirmi su quella sedia ed in quel volo, accomodando la visione, lo specchietto mi rimandava solo un’immagine di me sudato con uno sguardo spento.  
L’oltre a volte, o almeno il mio di oltre, solo oggi ho capito che può anche essere un ritorno. Quando invece è un salto nel vuoto è solo una fine. Per l’eccesso di voler quasi volare fuori, lontano dai miei mostri, per render loro la pariglia con l’infinito dolore di una perdita, la mia, li avevo minacciati spesso, i miei, con la promessa di buttarmi giù nel vuoto. Ma se per una abbaglio di lucidità, per un abbraccio, mi smarcai, il ritorno dopo la gran paura mi ridiede indietro una vita simile a ciò che vedo ora allo specchio, e non a ciò che vedevo allora nelle suggestioni dei vorrei essere, che spesso mi perseguitavano.




*Tranne che per il ricordo della anziana ricoverata, incipit alla narrazione, il racconto è di pura fantasia.

© Timeoutintensiva.it, Racconti a Margine, N°26 Dicembre 2013

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-Le Infezioni in Medicina

-Il Pensiero Scientifico Editore

-IL Giornale Italiano di Medicina

del Lavoro Ergonomia PI-ME 
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ISSN 1592-7830

http://gimle.fsm.it

-Intensive Care Med 2004
 Ed. Italiana
-La Fondazione Gimbe
-europeantransplantcoordinators
www.europeantransplantcoordinators.org
-Biomed Central Open Acces

http://www.biomedcentral.com/

-Evidence 
www.evidence.it
-American Council on Bioethics
www.bioethics.gov  
-PLOS ONE | www.plosone.org
-J S C Med Assoc.
http://publicaccess.nih.gov 

 

 

Ultima Modifica 23 Dicembre 2013



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