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Focus

“Riflessioni Sparse sulla 180.”

13/07/2012  
di Giorgio Geraci
Psichiatra-Gruppoanalista–Responsabile Centro Diurno ASP 9 Trapani

Ci risiamo, riecco qualcuna delle forze “reazionarie” presenti in parlamento che decide di aggredire ancora una volta la legge che ha liberato “i matti” italiani dalle catene del manicomio.
Riecco qualcuno che decide ancora una volta che questa legge non è buona, questa che per l’OMS è una delle migliori leggi del mondo che regolamenta la buona pratica psichiatrica.

”Normale è l’uomo capace di raccontare la propria storia personale, chi sa da dove viene… la sua origine, il suo passato, secondo una memoria ordinata… “ (O. Sacks)  

Quando il senso della trama si perde, si fa più labile e sfuggente, anche noi ci perdiamo, finiamo per aggrapparci a brandelli di altre storie, di altre realtà, nel tentativo di ridare continuità alla nostra, per ritrovare la nostra trama ed il nostro ordito, per ritessere la nostra esistenza.
Nel 1978  si compì un piccolo miracolo parlamentare: il varo di una legge, di grande significato sociale e politico, che in meno di tre settimane dalla data della sua presentazione al Parlamento fu esitata. Era la legge 180, una legge che ha rivoluzionato il modo di occuparsi di salute mentale in Italia, ma anche il nostro stesso modo di essere.
E’ un grazie che dobbiamo a Basaglia ed a tutti coloro che hanno creduto a questa utopia: professionisti, amministratori, studenti, giornalisti, politici e, soprattutto, utenti e  familiari.

“L’istituzione manicomiale in Italia vedeva, fin dagli anni ’50, oltre 100.000 cittadini internati. I manicomi svolgevano una funzione prevalente di contenitore sociale di una serie di problemi diversificati: la loro popolazione era costituita non soltanto da persone con disturbi mentali ma anche da disabili gravi e gravissimi, disadattati sociali, emarginati, alcolisti. C’era perfino chi nasceva in manicomio e vi trascorreva tutta la vita. Il ricovero, quasi sempre deciso da altri, era obbligatorio e spesso durava fino alla morte, in quanto non esistevano stimoli o soluzioni alternative. Il criterio per l’internamento in manicomio “non era la malattia mentale” ma, ai sensi della legge del 1904, la pericolosità o il "pubblico scandalo". Era quindi evidente che la funzione del manicomio fosse solo in minima parte di cura.” (Psichiatry online
)

Senza di loro, senza quel gruppo legato allo psichiatra Franco Basaglia (morto il 29 agosto del 1980), non sarebbe stato possibile immaginare/realizzare la liberazione dalle catene della “intrattabilità” e della “inguaribilità”  di tante persone “vittime” di una storica violenza istituzionale. Tanti esseri umani liberati dalle catene di una “prigione senza colpa”, hanno riconquistato i propri saperi ed hanno potuto riconsegnarsi alle proprie comunità che, altrimenti, ne sarebbero state private.  Saperi, donne, uomini che insieme alle famiglie ed ai “curanti” sono ritornati protagonisti delle loro storie personali, co /attori della loro storia sociale, narratori del proprio racconto di vita.

“In manicomio nessuna identità reggeva, gli uomini ridotti a vegetali, le donne senza sesso, i medici senza efficacia, gli infermieri schiavi. Persino gli alberi erano generici” (L. Campagnano)

La 180, una legge voluta e sostenuta da “gruppi ideologizzati”, ci ha permesso di costruire su tutto il territorio nazionale una nuova rete di lavoro, e di cura, una nuova era in cui “il malato” permane al centro della storia personale, familiare, sociale e prevedendo, per lui, quella capacità, umana, fino ad allora ignorata.

“Passano la notte nudi, non avendo di che vestirsi, non avendo da coprirsi contro il freddo, se ne vanno nudi ed affamati”: (Giobbe 24, 7-8)

A quel tempo non pensavamo ancora di avere forze difensive “interne”, non pensavamo di avere armi sufficientemente adeguate. C’era chi tra gli esseri animati non umani era dotato “per natura sua propria” di denti lunghi ed acuminati, di artigli forti, e di dimensioni fisiche “maggiori” di quell’altro essere vivente fragile, debole, e reso, per “sua stessa natura” facile preda. Quell’essere non sapeva ancora di possedere l’intelligenza ed era quindi “costretto” a pensare che bisognava essere veloci, forti o forniti di “grandi dimensioni” per potersi difendere. Queste considerazioni sorgono spontanee quando si pensa a come, ed a cosa, era il vecchio “mondo manicomiale”. Appena quarant’anni fa l’essere umano considerato “alieno” veniva custodito dentro un apposito spazio i cui criteri di “vivibilità” erano ridotti a quelli evocati dal passo di Giobbe. L’idea di lavoro “territoriale” in ambito psichiatrico è stato pensato come una “presenza fisica” nel tessuto di una città, strutture che si occupassero della “salute mentale” indovate nel contesto “corale” (nel senso di cuore) della città. La base teorica su cui si costruì la legge 180 risiede nella convinzione secondo cui un effettivo recupero del malato di mente non può prescindere dal suo reinserimento nella società, reinserimento la cui possibilità veniva radicalmente negata dall’istituzione manicomiale. Il modo, ed il mezzo legislativo per attuare un reale reinserimento sociale fu individuato nella procedura utilizzata per il ricovero obbligatorio, il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) che prevede un tempo, “limitato”, ed altre garanzie che tendono a rispettare la “volontà” del paziente. Di fatto essa ha vietato le nuove ammissioni in manicomio e sancito che non si costruissero più ospedali psichiatrici, dando inizio alla fine di queste strutture che si è formalmente conclusa solo nei primi anni 2000. Il titolo della legge 180 "Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori", non fa riferimento diretto alla malattia mentale, vi era l’intenzione di riportare pienamente la malattia psichica nell’alveo della “normale” sanità, e riguarda fondamentalmente le procedure e le garanzie con cui “accertamenti e trattamenti sanitari”  potessero essere eseguiti in ogni situazione sanitaria di emergenza.
E’ soltanto nel 1994 che si scrive un primo Progetto Obiettivo “Tutela della Salute Mentale” per dare finalmente alla 180, insieme ai fondi, la reale dignità di “legge nazionale”. Ogni Regione ha poi legiferato autonomamente, producendo una situazione a macchia di leopardo non solo per la quantità, ma soprattutto per la qualità dell’assistenza. Uno dei nodi cruciali della discussione, oggi, è la condizione di quei malati cosiddetti “non collaborativi” che, non riconoscendo la loro malattia, sono recalcitranti alla cura e quindi, secondo la legge 180, non possono essere avviati al trattamento di cui avrebbero bisogno. Situazione questa che spinge associazioni e forze politiche a chiedere una ridefinizione della normativa vigente soprattutto nella parte concernente proprio, e non a caso, il Trattamento Sanitario Obbligatorio, nel tentativo di ritornare verso la obbligatorietà delle cure senza il parere del paziente e cosa più grave, senza il “parere degli psichiatri”, curanti “alleati” per definizione. E’ come se si volesse frantumare la “sana alleanza” tra pazienti, psichiatri e quelle forze attive di varia umanità, che hanno permesso a moltissimi dei pazienti psichiatrici di rielaborare progetti di vita. Di ritornare, cioè, a ritessere la propria storia insieme alla propria comunità.

“Nulla è predicabile sulla sofferenza mentale se non viene studiata e curata nella più lucida storicizzazione di un’epoca e di un ambiente. L’ambiente è in primis il grande affresco degli scenari familiari in cui va ad iscriversi la situazione che siamo chiamati ad assumere come responsabilità professionale. L’unità minima di riferimento per rintracciare le trame di significazione della patologia psichiatrica non è quindi l’individuo ma lo scenario intrecciato tra storia, ambientazione, affresco familiare.” (C.Pontalti)


Fonti

-Legge 180 Come Recepita Dalla Legge 833 Del 1978

-Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica.
C. 919 Marinello, C. 1423 Guzzanti, C. 1984 Barbieri, C. 2065 Ciccioli, C. 2831 Jannone, C. 2927 Picchi, C. 3038 Garagnani e C. 3421 Polledri, approvato dalla Commisssione Affari Sociali della Camera dei Deputati, nella seduta del 17 maggio 2012

-La Posizione Della Società Italiana Di Psichiatria (SIP) Sulla Proposta Di Testo Unificato
“Disposizioni In Materia Di Assistenza Psichiatrica”
Documento Approvato Dalla Conferenza Delle Sezioni Regionali Della SIP



In allegato oltre al .pdf dell’articolo del dr. G. Geraci, trovate anche la Posizione della SIP sulla legge approvata il 17 Maggio 2012 dalla Commisssione Affari Sociali della Camera dei Deputati.

Allegato: Scarica Allegato
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per il loro articolo

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dell’Istituto “Mario Negri”

A Giorgio Geraci, che a volte
ci collabora per Il suo commento
sulla “nuova” 180

In Racconti a Margine:

A Pentothal per il racconto
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per "Cosa si sarebbe potuto fare di più?"

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per la sua vignetta.
 
Fonti Numero 21, 19 Luglio 2012:

Si ringraziano altresì:

Il Ministero della Salute
 e
L’ISS

Il Consiglio Sanitario Toscano
per le SNLG

IL Giornale Italiano di Medicina
del Lavoro ed Ergonomia 
PI-ME,
Pavia ISSN 1592-7830
http://gimle.fsm.it

Le Infezioni in Medicina
www.infezmed.it/
MenuIniziale.aspx

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http://www.biomedcentral.com/

 

 

 

Aggiornato al: 19 Luglio 2012



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