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Focus

IL Benessere Organizzativo In Sanità: Ripensare le Organizzazioni

18/12/2010  
di *F.Di Blasi,**L.Catania,*R.Celsa,***A.Iacono,°G.Miccichè,°° M.F.Sapuppo
*URP ASP Palermo,**UO Chirurgia Oncologica AOUP Palermo, ***CEFPAS Caltanissetta, °UO Qualità AORNAS Civico Palermo,°° UOC 2°Rianimazione
AORNAS Civico Palermo

Prima parte a cura di M.F.Sapuppo e F. Di Blasi

Capitale fisico e capitale umano nelle Aziende Sanitarie

  Nelle Aziende Sanitarie il capitale umano è una risorsa al pari del capitale fisico. Sia l’uno che l’altro sono indispensabili per erogare le prestazioni sanitarie richieste dai cittadini.

 Il capitale fisico (attrezzature, materiale sanitario, etc…) è stato da sempre oggetto di attenzione con la manutenzione, il ricambio, la presenza di uffici tecnici per mantenerne l’efficienza ed evitarne il deprezzamento e l’obsolescenza.

 Il capitale umano invece è stato meno considerato, o meglio è stato considerato come la forza che deve espletare il lavoro.

  Solo da pochi decenni sono state inserite nelle Aziende Sanitarie le Aree Risorse Umane (con caratteristiche che dovrebbero essere ben diverse dai vecchi uffici del personale), si è reso obbligatorio l’aggiornamento per gli operatori sanitari ed è conquista recente in Italia la necessità di premiare il merito per incidere sul miglioramento delle prestazioni.

  Nelle aziende sanitarie, che basano la loro attività sulle conoscenze, sulle abilità manuali/operative e sulle capacità relazionali, il capitale umano contribuisce in modo determinante alla realizzazione del processo produttivo. All’interno di quest’ultimo gli operatori costituiscono il primo e più significativo punto di contatto tra pazienti/utenti e organizzazione, e rappresentano il cardine e l’elemento di continuità all’interno dei percorsi di cura.

a quanto ammonta il capitale umano? 

In ambito sanitario è frequente che si parli dell’alto costo del lavoro degli operatori, ma non si considera mai abbastanza quanto essi possano contribuire, in determinate condizioni, alla realizzazione degli obiettivi di efficacia ed efficienza delle aziende in cui lavorano. 

Il capitale umano  infatti se curato e aggiornato, mantiene e migliora le sue prestazioni senza diventare obsoleto come quello fisico, esporta cultura e conoscenza ed è indispensabile per rendere produttivo al massimo il capitale fisico di cui l’organizzazione dispone. 

  Gli operatori sanitari di qualsiasi livello, artefici dell’espressività della loro stessa azienda, non possono agire individualmente. Essi sono interdipendenti, e come qualsiasi comunità sociale abbisognano di un’organizzazione per esprimersi al meglio. 

  L’organizzazione è da intendersi, non solo come tutto ciò che è stabilito da regole e leggi o gerarchicamente imposto, ma anche come quella tacita strutturazione interna che consente ai gruppi di operare nel quotidiano in modo funzionalmente attivo e simpatetico, nella costruzione di significato e di senso, individuale e collettivo, del lavoro. 

Lavoro e ben-essere 

Come le attrezzature funzionano meglio in ambienti e climi idonei per cui non devono essere ad esempio esposte ad alte temperature o all’umidità, così le persone, che mantengono e decretano il successo di un’organizzazione, hanno bisogno per esprimersi al meglio di “stare bene” sul luogo di lavoro, non solo sul piano fisico (ambienti, aereazione, illuminazione, attrezzature in dotazione, etc…) ma anche sul piano emotivo/relazionale.

 Gli individui, infatti, non sono scissi dalle emozioni che provano, anzi sono proprio le emozioni, gli affetti, i sentimenti che, ineludibili, positivi o negativi, creano, di là della razionalità professionale, i muri o i corridoi invisibili che possono dividere o unire le persone sul luogo di lavoro, e quindi possono promuovere o mettere in difficoltà qualsiasi tipo di organizzazione. 

 E’ forse banale ma per lavorare bene bisogna stare bene sul proprio luogo di lavoro.

   Eppure è osservazione comune nelle nostre realtà sanitarie di tante condizioni che portano a disfunzioni organizzative nonostante la presenza di operatori individualmente validi, condizioni che abbassano la resa stessa dell’ intera organizzazione istituzionalmente preposta alla erogazione di prestazioni. 

   In considerazione del fatto che i metodi di lavoro esercitivi, coercitivi o non partecipativi sin qui utilizzati non hanno di fatto migliorato il rendimento dei lavoratori,  è necessario iniziare a ripensare le organizzazioni sanitarie come dei sistemi complessi in cui si  limita il malessere e si promuove il benessere organizzativo. 

Il benessere organizzativo è “aria fritta”?

  Il benessere organizzativo non è un concetto teorico evanescente per interessati e curiosi ricercatori del sociale, ma un tema che trova ormai da diverso tempo pieno riconoscimento e validi supporti normativi, sia nell’ambito della Comunità Europea, con le direttive agli Stati membri, che in Italia con le direttive del Ministero della Funzione Pubblica (vedi per approfondimenti sulle normative la seconda parte “Per conoscere le norme e i documenti relativi al benessere organizzativo. Una sintesi cronologica ragionata”).

    Dalla letteratura si evincono molte definizioni del benessere organizzativo, basate sui diversi punti di vista da cui si osserva il fenomeno. 

    Il concetto di “benessere organizzativo” viene utilizzato per descrivere sia lo stato soggettivo di coloro che svolgono la loro attività in uno specifico contesto organizzativo, che per indicare l’insieme dei fattori che determinano o contribuiscono a determinare il benessere di chi lavora. In generale, ci si riferisce alla capacità di un’organizzazione di promuovere e di mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di occupazione ed è da intendersi come quel complesso di condizioni che garantiscono e favoriscono il benessere psicofisico delle persone sul posto di lavoro. 

   Ed ancora, se guardiamo l’individuo in relazione al contesto come co-costruttore della organizzazione, “per benessere organizzativo si può intendere l’insieme dei nuclei culturali, dei processi e delle pratiche organizzative che animano la dinamica della convivenza nei contesti di lavoro promuovendo, mantenendo e migliorando la qualità della vita e il grado di benessere fisico, psicologico e sociale delle comunità lavorative” (Avallone, Pamplomatas, 2005).

   Lo sviluppo dell’Organizational Health Psychology (OHP), amplificando il concetto di salute indicato nella Carta di Ottawa, definisce oggi il benessere lavorativo come un costrutto che implica dimensioni affettive, cognitive, motivazionali e comportamentali e studia l’impatto del lavoro su altri piani dell’esistenza e viceversa, considerando il lavoratore nella sua interezza e complessità.

Il concetto di benessere organizzativo viene da lontano 

  Il benessere organizzativo di cui oggi ci occupiamo affonda le sue radici nel  concetto di tutela della salute nei luoghi di lavoro così come descritto sulla Costituzione della Repubblica Italiana. Qui viene sancito che “la salute è un diritto dell’individuo e della collettività”, e che l’imprenditore deve “tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. 

 Il concetto di tutela si è poi progressivamente evoluto. Negli anni si è passati dalla tutela dalle malattie professionali per ambiente fisico lavorativo non idoneo a quella per le condizioni usuranti del lavoro. L’interesse si è rivolto non solo agli aspetti fisici ma anche a quelli mentali e psicologici, fino ad arrivare al concetto di promozione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

 Le più recenti direttive europee, recepite anche in Italia, invitano alla promozione del benessere nei luoghi di lavoro, con uno sguardo non  più rivolto al singolo lavoratore ma all’organizzazione nel suo complesso. 

Le sindromi da lavoro: dall’individuo al gruppo

 Negli ultimi anni è stato registrato un notevole incremento delle sindromi da lavoro, che si presentano sempre più spesso non come anomalie/patologie del singolo ma di tutto il gruppo di lavoro in cui  egli è inserito.

 Le ricadute, sia sul piano della salute individuale che dell’intera organizzazione, hanno spinto le organizzazioni stesse a impegnarsi nel combattere il malessere e a progettare benessere nei luoghi lavoro, sia per tutelare la salute dei singoli che per mantenere e sviluppare l’efficienza delle organizzazioni stesse.

    Interventi di questo tipo si rendono ancor più necessari all’interno delle  organizzazioni sanitarie, dove si considera valore fondante la centralità della persona, ma dove spesso si trascura di tenere in conto la sofferenza che lega pazienti e operatori in un vincolo ad alto impatto emotivo.

    La domanda sorge spontanea: come si può mettere “al centro” la persona (cittadino, utente, cliente, paziente) se non si creano i presupposti affinché i lavoratori, essi stessi “persone”, siano messi in grado di prendersi cura dell’altro? Un lavoratore in condizioni di malessere organizzativo dovrà fare i conti con il proprio disagio prima di intraprendere la “cura dell’altro”.

prendersi cura di coloro che curano 

  In sanità l’operatore è sottoposto allo stress che deriva dall’alto indice di complessità, dall’imprevedibilità, dall’incertezza e dall’alto impatto emotivo di attività svolte in relazione al paziente sofferente e bisognoso di cure. 

   Per questo è necessario creare condizioni per cui chi lavora  non debba subire stress ulteriore originato  da carenze o disfunzioni organizzative. 

In organizzazioni che creano malessere, gli individui si sentono precari, intrattengono relazioni superficiali con gli altri e non pensano di potere incidere in maniera significativa sull’organizzazione. Perdendo la motivazione essi arrivano a non reperire più il senso ed il significato del loro stesso lavoro fino a sentirsene estranei. Il lavoro non viene più visto come una parte della propria vita, ma come luogo dove trascorrere ore in una dimensione “altro da sé”.

 Tutto questo in sanità si traduce in disinteresse per l’altro bisognoso di cura. 

   Diversi sono i motivi per cui il malessere può presentarsi nelle organizzazioni (dalle strutture fisiche/ambientali ai disagi propri dell’individuo). Allo stesso modo, diverse sono le situazioni e i modelli organizzativi che creano benessere.

   E’ necessario quindi investire in azioni che abbiano l’obiettivo di stabilizzare o promuovere tutti i fattori che incidono positivamente  sul lavoro, e di ridurre o eliminare quelli ritenuti causa di disagio e sofferenza. 

   Individuare le aree di criticità e progettare soluzioni migliorative permette al lavoratore di stare meglio e ai pazienti, che gli si sono affidati, di vivere meglio le condizioni di malattia.

Quanto costa stare bene? 

  Anche se nelle nostre strutture sanitarie ci sono problemi la cui risoluzione dipende da grandi investimenti economici (come nel caso di luoghi fisici non adeguati alle esigenze di coloro che vi prestano opera), spesso il benessere passa attraverso dimensioni su cui si può agire con costi contenuti o solo attraverso rimodulazioni lavorative.

   In proposito vale la pena di riportare alcune variabili che il Ministero del Lavoro ha ritenuto imprescindibili nell’organizzazione del lavoro nella Pubblica Amministrazione.  

Secondo la direttiva n. 80 del 5 aprile 2004, “…Per assicurare il benessere organizzativo, le amministrazioni devono prestare attenzione alle seguenti variabili:


  • Caratteristiche dell'ambiente nel quale il lavoro si svolge: l'amministrazione allestisce un ambiente di lavoro salubre, confortevole e accogliente.
  • Chiarezza degli obiettivi organizzativi e coerenza tra enunciati e pratiche organizzative: l'amministrazione definisce obiettivi espliciti e chiari ed assicura coerenza tra enunciati e prassi operative.
  • Riconoscimento e valorizzazione delle competenze: l'amministrazione riconosce e valorizza le competenze e gli apporti dei dipendenti e stimola nuove potenzialità, assicurando adeguata varietà dei compiti ed autonomia nella definizione dei ruoli organizzativi nonché pianificando adeguati interventi di formazione.
  • Comunicazione intraorganizzativa circolare: l'amministrazione ascolta le istanze dei dipendenti e stimola il senso di utilità sociale del loro lavoro.
  • Circolazione delle informazioni: l'amministrazione mette a disposizione dei dipendenti le informazioni pertinenti il loro lavoro.
  • Prevenzione degli infortuni e dei rischi professionali: l'amministrazione adotta tutte le azioni per prevenire gli infortuni e i rischi professionali.
  • Clima relazionale franco e collaborativo: l'amministrazione stimola un ambiente relazionale franco, comunicativo e collaborativo.
  • Scorrevolezza operativa e supporto verso gli obiettivi: l'amministrazione assicura la scorrevolezza operativa e la rapidità di decisione e supporta l'azione verso gli obiettivi.
  • Giustizia organizzativa: l'amministrazione assicura, nel rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro, equità di trattamento a livello retributivo, di assegnazione di responsabilità, di promozione del personale e di attribuzione dei carichi di lavoro.
  • Apertura all'innovazione: l'amministrazione è aperta all'ambiente esterno e all'innovazione tecnologica e culturale.
  • Stress: l'amministrazione tiene sotto controllo i livelli percepiti di fatica fisica e mentale nonché di stress.
  • Conflittualità: l'amministrazione gestisce l'eventuale presenza di situazioni conflittuali manifeste o implicite.”

 

Come si evince dalla lettura di queste variabili, poche sono quelle che richiedono costi aggiuntivi. Molte passano solo attraverso revisioni di modelli delle relazioni tra gli individui lavoratori, molte coinvolgono solo ambiti psicologici e sociali dell’individuo e del lavoro.

 

 

Bibliografia

Avallone F., Bonaretti M. (a cura di) Benessere organizzativo. Per migliorare la qualità del lavoro nelle amministrazioni pubbliche. Rubbettino 2003

Il manuale ha lo scopo di diffondere l’esperienza del “Laboratorio Benessere Organizzativo” del Programma “Cantieri”, un’iniziativa del Dipartimento della Funzione Pubblica. Gli Autori, oltre a riportare i risultati dell’indagine eseguita sullo stato di salute di alcune organizzazioni pubbliche italiane, forniscono alle amministrazioni interessate le linee guida per avviare un processo di analisi sullo stato di salute delle proprie organizzazioni.

Avallone F., Paplomatas A. Salute organizzativa. Cortina 2005

Proposta di una metodologia di analisi del benessere organizzativo per verificare lo stato di salute di un’organizzazione e proporre progetti finalizzati a ridurre il malessere e promuovere benessere.

Bonaretti M., Testa P. (a cura di). Persone al lavoro. Politiche e pratiche per il benessere organizzativo nelle amministrazioni pubbliche. Rubbettino 2003

Descrizione di esperienze realizzate in alcune realtà pubbliche italiane che si sono impegnate nella direzione del miglioramento organizzativo attraverso gli stessi lavoratori, artefici delle loro organizzazioni. Indicazioni operative per le amministrazioni impegnate nel miglioramento del benessere organizzativo

Bruni A., Fasol R., Gherardi S. L' accesso ai servizi sanitari. Traiettorie, differenze, disuguaglianze. Carocci 2007

Analisi sull'incontro tra l’organizzazione del Sistema Sanitario Italiano e la sua utenza, su come l'organizzazione dell'accesso ai servizi può produrre o riprodurre disuguaglianza tra gli utenti.

Bruni A., Gherardi S. Studiare le pratiche lavorative. Il Mulino 2007

Il manuale offre strumenti per studiare le pratiche lavorative nei loro contesti.

Cox T., Giffith A., Rial-Gonzales E. Ricerca sullo stress correlato al lavoro. Ispel 2002

Tre autori inglesi riportano i risultati di una ricerca, promossa dall’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, sulla valutazione e gestione dello stress sul lavoro negli individui e nei gruppi evidenziando i rischi per il lavoratore e per l’organizzazione.

Gherardi S. Majer V., Marocci G. (a cura di). Il clima organizzativo. Modelli teorici e ricerche empiriche. Carrocci 2003

Descrizione delle competenze specialistiche utili ad affrontare le problematiche sul clima organizzativo. Modelli e strumenti per eseguire una diagnosi sulle dimensioni climatiche nelle organizzazioni.

Siforp e Eutròpia (a cura di). Rischi psicosociali e benessere organizzativo in ASL. Una ricerca in sanità. Franco Angeli 2007

Ricerca quantitativa/qualitativa svolta presso l’ASL Città di Milano. L’obiettivo è esplorare una realtà organizzativa nel settore della Sanità, per individuare le situazioni di benessere e malessere organizzativo e rilevare i comportamenti strategici individuali di promozione del benessere e di evitamento del malessere. Dal lavoro emergono proposte utilizzabili come azioni gestionali mirate alla tutela del benessere.

Spaltro E. Il clima lavorativo. Manuale di meteorologia organizzativa. Franco Angeli 2004

Indagine e riflessioni sull’organizzazione, la sua cultura e su quella d’impresa, sul clima e la necessità di creare benessere per produrre ricchezza.

Touraine A. Eguaglianza e diversità. I nuovi compiti della democrazia. Il saggiatore 1997

Riflessione sull’incapacità di comunicazione tra gli individui, scissi fra la partecipazione pubblica e la vita privata. 

Touraine A. Critica della modernità. Laterza 1997

Riflessione sulla crisi della modernità, intesa come il trionfo della ragione e la difficoltà degli individui ad adattarsi.

.Weick K.E. Senso e significato nell’organizzazione. Alla ricerca delle ambiguità e delle contraddizioni nei processi organizzativi. Cortina 1997

Il processo del “sensemaking” nelle organizzazioni complesse, la sua importanza nel processo decisionale e la sua ricaduta sulla espressività dell’organizzazione.

 

email di contatto: segnalazioni@timeoutintensiva.it

18/12/2010

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