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“Clinical Jazz” : Armonizzare Teoria ed Esperienza, Scienza ed Arte in Medicina.

04/07/2012  

Dedicato a chi ama il Jazz e la Medicina

di F. Sapuppo* ed S. Vasta*

*Intensivisti

Il jazz è vita, la vita è una jam session per musicisti e strumenti di ogni genere

Perché leggere questo testo, che vi proponiamo, -Jazz and the “Art of Medicine: Improvisation in the Medical Encounter- di Paul Haidet (Ann Fam Med 2007 5: 164-169)?
Perché ci riconcilia con quella parte di noi medici che ancora crede che la Medicina non sia solo una scienza ma anche un’arte. E’ scienza perché cerca di usarne i rigorosi criteri metodologici, è arte per quell’elemento creativo che nasce dall’incontro unico del medico con il singolo paziente, che non sempre si fa inquadrare ed imbrigliare dentro quei riferimenti clinici, diagnostici, terapeutici alla base della nostra formazione professionale.
La Medicina è arte quando è necessario andare oltre l’algoritmo, le linee-guida, le evidenze e le statistiche, perché la complessità del paziente non si può ridurre nella loro semplicità di schematizzazione, ed è necessario allora avere un pensiero divergente che coniughi studio ed esperienza e forse anche intuito.
La Medicina è arte quando il medico diventa un interprete del suo lavoro, esprimendo se stesso nella comunicazione con il malato attraverso l’uso della parola che informa, chiarisce, consola e ancora da speranza o la toglie. Usa le parole dette e non dette, gli enunciati, i silenzi e l’ascolto come strumenti al pari dei presidi medici e chirurgici che adopera con le sue mani.
Il testo proposto, scritto da un medico di famiglia, osserva proprio il momento della comunicazione medico-paziente, che per estensione concettuale in Rianimazione si può allargare ai familiari, dato che spesso i nostri malati non sono interagenti o perché in coma o perché troppo critici.
Il punto di partenza è che questa conversazione tra il curante e il malato non sia solo un luogo di scambio d’informazioni ma sia il momento fondante della cura medica, perché sta alla base, attraverso l’anamnesi e l’osservazione, del processo analitico e insieme sinottico della diagnostica e quindi delle successive decisioni cliniche.
Anche in Rianimazione questo momento è importante, anche se comunemente accade un’inversione temporale, dovuta alla gravità dei pazienti e all’emergenza, per cui prima si fa un iniziale trattamento per stabilizzare le funzioni vitali del malato e poi si parla con i familiari per ricevere e dare notizie cliniche e prognostiche.

L’improvvisazione comunicativa come creazione estemporanea basata sulla narrazione

L’interesse per lo scritto del Dottor Haidet sta nel fatto che considera l’improvvisazione come uno dei più importanti aspetti della comunicazione medica, poiché ogni incontro con il paziente è tipicamente non scritto e viene costruito momento per momento in base alla narrazione del paziente.
Haidet evidenzia come le decisioni comunicative (ad es. cosa dire dopo, come porre le domande, quando e come interrompere etc.), pur in presenza di tracce o schemi derivanti dalla formazione professionale e dall’esperienza, devono adattarsi alla persona che sta di fronte.
“In questo senso il medico deve andare oltre: dalla competenza alla presenza, perché pur dovendo avere competenze comunicative bisogna che crei l’incontro con il paziente attraverso la tecnica e non con essa (citazione libera da S.Nachmanovitch, violinista)”.
Improvvisare, infatti, non significa assolutamente andare a caso e richiede come vedremo un duro lavoro antecedente. Forse, se ci perdonate una libera licenza, ci basterebbe ricordare come tradurre all’impronta significa conoscere molto bene la lingua da tradurre, o come cucinare una buona cena improvvisata significa conoscere bene gli elementi base della cucina.

L’arte jazz e l’arte medica non sono poi così lontane

Questo lavoro proposto, però, non è solo l’ennesimo testo sulla comunicazione medico-paziente. Infatti, Haidet, ricercatore amante della storia e della musica jazz, in più propone un ardito parallelismo tra jazz e Medicina, illustrando la sua tesi attraverso numerosi esempi musicali che possono anche essere ascoltati attraverso i link segnalati   alla fine articolo (vedi anche il lavoro originale).
In particolare, pur essendoci molte caratteristiche del jazz che hanno analogie con la Medicina, lui focalizza la sua esplorazione sull’elemento distintivo del jazz, l’improvvisazione artistica, perché è anche una qualità molto rilevante nella relazione medico-paziente.
L’Autore usa allora l’improvvisazione jazz (esemplificata in musicisti e musica) come lente per osservare la comunicazione, limitandosi a tre livelli analogici musicali: 1) come azione comunicativa (creare lo spazio), 2) come tratto comunicativo (sviluppare la voce), 3) come evento comunicativo (coltivare l’ensemble). Per ogni livello inizia con una descrizione di improvvisazione jazzistica per declinarla poi nella comunicazione medico/paziente.

Un’azione comunicativa: creare lo spazio

“Man, you don’t have to play a whole lot of notes.
You just have to play the pretty ones”    
Trumpeter Miles Davis

Creare lo spazio è per Haidet una delle più potenti capacità comunicative, anche se finora è stata molto sottostimata dai medici.
Ma cosa significa?
Qui l’Autore prende a prestito il modo di improvvisare di Miles Davis, musicista cresciuto nell’era del be-bop.
Davis contrariamente ai suoi contemporanei con superba abilità tecnica, come Dizzy Gillespie e Fats Navarro che improvvisavano assoli taglienti nei registri più alti con velocità “a rotta di collo”, manifestava la sua brillante capacità di improvvisazione non tanto in quello che lui suonava ma in quello che lui “non suonava”.
Ascoltare un assolo di Davis è ascoltare spazio, perché egli non suona tante note, le conserva e le suona a un ritmo rilassato. Egli fa cadere accenni musicali, che consentono di ascoltare non solo il solista ma tutta la band, perché introduce o chiude le battute degli altri strumentisti, e permette anche all’ascoltatore di usare la propria immaginazione per riempire le frasi.
Haidet, dopo averci illustrato il modo di suonare di Davis, ci riporta agli incontri tra medici di famiglia e pazienti, dove anche qui bisogna che i medici imparino a usare lo spazio.
Piuttosto che occupare tutta la conversazione solo con una sequenza di si/no a domande preordinate o dilungandosi in lunghe spiegazioni fisiopatologiche, è necessario che i dottori diano spazio al paziente e alla sua storia di malattia.
Ascoltare in un primo momento con pazienza la malattia raccontata dal malato con i suoi termini, piuttosto che forzare il colloquio solo dentro uno schema biomedico preordinato, permette di raccogliere molti più dati sulla malattia, sul contesto, sulla persona. Questo consente di avere informazioni che potrebbero sfuggire, di porre domande di approfondimento, ed anche di adattare le spiegazioni mediche all’unicità del singolo malato.
Bisogna allora imparare (attraverso la pratica e la disciplina) a rispettare lo spazio e porre attenzione ai parametri comunicativi e narrativi di questa dimensione. 
I parametri comunicativi includono il silenzio (tempo della parola e dell’ascolto), la latenza (intesa come il tempo tra la fine e l’inizio degli enunciati paziente/medico), il ritmo (come numero di parole pronunciate in un tempo). 
I parametri narrativi comprendono la cura nell’applicare la ri-direzione (cioè interrompere per riportare il colloquio sull’obiettivo d’interesse o per cambiare soggetto) e la specifica attenzione ai contrasti comunicativi posti dal paziente soprattutto nelle fasi conclusive della conversazione.
Il paziente dovrebbe essere libero di esprimere tutto ciò che concerne la sua malattia (dai sintomi alle sue preoccupazioni) con i propri termini, senza forzature, con un medico rispettoso del suo spazio, che non impone ma pone il suo punto di vista.
Ma qui entra in gioco la difficoltà nella nostra cultura a tollerare le pause e il silenzio.

Un tratto comunicativo: sviluppare la voce

“After the jazzman has learned the fundamentals of his instrument and the traditional techniques of jazz… he must then “find himself” must be reborn, must find, as it were, his soul. He must achieve, in short, his self-determined identity.”  Writer Ralph Ellison

Haidet in questo paragrafo ci porta dentro ad un concetto che noi medici riconosciamo bene se vi veniamo in contatto, sia quando purtroppo diventiamo pazienti, sia quando ascoltiamo i nostri colleghi: “il modo, lo stile della comunicazione di ognuno di noi con i pazienti”.
L’Autore lo fa illustrando l’evoluzione musicale del grande sassofonista John Coltrane che, attraverso l’interazione con i suoi mentori, Miles Davis, Thelonious Monk ed altri, passò dalle sue non eccitanti interpretazioni delle forme musicali predominanti nel suo tempo al suo caratteristico modo di suonare, esplosivo con raffiche musicali note come “torrenti di suono”.
Per un jazzista imparare la teoria musicale, acquisire familiarità con le scale e con le strutture degli accordi jazz, conoscere bene lo strumento, far pratica in pubblico, imparare il più comune repertorio jazzistico sono tutte importanti pietre miliari per conseguire capacità d’improvvisazione, ma tutto questo non gli consentirà di ottenere successo o entrare nella storia del jazz. Per far questo deve incanalare la teoria, la tecnica, le idee dei suoi predecessori e filtrarla attraverso la sua personalità, i suoi sentimenti, le sue esperienze. Deve in altre parole sviluppare un suono fresco e originale, “una sua propria voce”. Questo processo richiede curiosità, riflessione su di sé, una frequente rivisitazione di senso, così come un’attenzione al contesto. 
E’ stata proprio questa intensa esplorazione sulla sua stessa vita, sulla musica, sulla spiritualità che, traslata musicalmente, ha consentito a Coltrane di sviluppare quella voce unica che lo contraddistingue.
Similmente i medici devono sviluppare la propria voce “improvvisante”.
Infatti, le cosiddette tecniche comunicative, apprese negli anni della formazione, sono come le scale che il musicista deve padroneggiare, conoscere la presentazione dei diversi scenari comunicativi (ad esempio il comunicare le cattive notizie, il conversare sui problemi del fine vita, il consigliare cambiamenti comportamentali) sono come le più comuni canzoni di repertorio che il jazzista deve imparare.
Tutto questo però costituisce solo la base teorica della comunicazione medico/paziente. Solo dopo avere introiettato, incorporato dentro di sé queste conoscenze, solo dopo essersi esposti nella relazione con i malati, i professionisti svilupperanno “un proprio stile comunicativo”, che consentirà loro di portare se stessi negli incontri con i pazienti. E se adottare un atteggiamento distaccato era prima consigliato nelle aule, ora gli educatori (siamo in America) hanno compreso che è necessario nel processo comunicativo sia tener conto dei pazienti che dei medici per poter creare quella relazione umana alla base di qualsiasi comunicazione.

Un evento comunicativo: coltivare l’ensemble

“Group improvisation is a further challenge. Aside from the weighty technical problem of collective coherent thinking, there is the very human, even social need for sympathy from all members to bend for the common result.”  Pianist Bill Evans

La voce è soltanto l’inizio perché nelle conversazioni, come nella jazz band, le voci sono più di una e devono rispettare o supportare lo spazio degli altri strumentisti.
Se i solisti o gli altri suonatori non si ascoltano l’un l’altro, la musica sarà stonata e dissonante, cose se i musicisti stessero suonando gli uni su gli altri. 
Qui Haidet riporta l’esempio del famoso trio composto dal pianista Bill Evans (il leader), dal bassista Scott LaFaro e dal batterista Paul Motian, che dimostrarono come nell’ensemble ci potessero simultaneamente essere gli assolo e i supporti vicendevoli, cioè una musica d’insieme costruita attraverso il mutuo rispetto e l’ascolto empatico in perfomances improvvisate coerenti e armoniose rispettose dei diversi stili.
Volendo fare un’analogia anche negli incontri medico/paziente, gli enunciati dell’uno devono essere considerati nel contesto degli enunciati degli altri, sia che siano convergenti o divergenti, appropriati o non appropriati, coerenti o meno.
Nonostante il medico sia generalmente in una posizione leaderistica nelle conversazioni, ci si dovrebbe sforzare di raggiungere un’improvvisazione collettiva d’ensemble, caratterizzata da voci che coesistono in armonia senza dominare, perché qualche volta le voci fanno asserzioni, altre volte ascoltano cosa gli altri hanno da dire, supportandosi e incorporando le idee l’uno dell’altro per arrivare ad una comprensione comune.
Questa capacità di non dominare, perché viene riconosciuto che tutte le voci hanno cose importanti da dire, permette ai medici di non collezionare solo dati fattuali ma di comprendere realmente le problematiche dei pazienti, perché si sta in ascolto di tutti quei segnali verbali e non verbali fugaci che rispecchiano le emozioni e i sentimenti della malattia. Consente vicendevolmente ai malati di capire i processi sottesi alla loro malattia e le terapie. L’improvvisazione d’ensemble è quindi il processo che permette di costruire una decisione condivisa medico/paziente.
L’essenza dell’ensemble, nel jazz come nella Medicina, consiste nel guardare oltre i propri punti di vista, per vedere, comprendere, rispondere ai punti di vista dell’altro.

“The real power and innovation of jazz is that a group of people can come together and create art—improvised art—and can negotiate their agendas with each other. And that negotiation is the art”  Trumpeter Wynton Marsalis

Nelle conclusioni Haidet sintetizza i concetti espressi di spazio, voce, ensemble.
Ed ancora da amante delle musica e della storia del jazz, date le analogie di improvvisazione comunicativa, nel senso di costruita momento per momento, tra l’arte jazz e l’arte medica, esorta gli educatori e ricercatori ad attingere alle tradizioni e al bagaglio culturale jazzistico per cercare di migliorare la qualità dell’improvvisazione anche negli incontri medico/paziente.

 

"Oltrepassare Le Colonne d'Ercole"

Commento al Testo di D. Bongiorno

Psichiatra, Psicoanalista Spi

Quando un medico sente di voler oltrepassare le colonne di Ercole, non soffermarsi solamente all'esplorazione della prassi medica e alla sua buona applicazione, allora comincia a cercare in altri ambiti un sistema rappresentativo che lo aiuti ad esprimere qualcosa che vive quotidianamente nel lavoro con i pazienti.
Il sistema rappresentativo utilizzato questa volta è il jazz. La comunicazione allora viene dedicata a coloro che amano il jazz poiché è con loro che è condiviso un linguaggio affettivo esperienziale che permette il comprendersi. Quest'ultimo punto è fondamentale per fare diventare una comprensione da personale a sociale, fatto necessario per qualsiasi comunità scientifica che voglia costruire una conoscenza condivisibile.
Allora lo studio dei termini come "improvvisazione“ assume un ruolo centrale. Il capovolgimento semantico che viene proposto appare possibile proprio facendo transitare il termine dall'uso comune all'uso che se ne può fare in ambito jazzistico. È a partire da questo capovolgimento che può essere data una visione più rassicurante della improvvisazione, tanto rassicurante da poter essere più utile del protocollo in un colloquio con il paziente e o con i familiari.
Appare interessante come viene riproposto, con un altro linguaggio, che la medicina sia non solo applicazione di una conoscenza ma anche una ricerca sul campo. Nonostante la rassicurante conoscenza statistica dell'uomo, il nuovo incontro con il paziente rimette tutto in discussione; allora l'esigenza di un rigore metodologico impone di oltrepassare le colonne di Ercole e avere una bussola. L’improvvisazione Jazz si propone come una bussola che permette di esplorare il nuovo, portando con sé profondi elementi di conoscenza del già noto.
Non si può ritenere una novità ciò che viene detto, ma incuriosisce il transito che viene fatto da una disciplina all'altra, la possibilità che da questo transito ne possa derivare una arricchimento. Il transito viene affrontato come il processo del sogno: non basta conoscere il sogno, ognuno deve fare il proprio sogno, ognuno deve fare la propria esperienza del jazz per potere comprendere.
Ascoltare e sentire non è solo conoscere.

 

Fonti e Ascolto:

L’Articolo di P. Haidet è rintracciabile insieme all’appendice al seguente Link:

Haidet P. Jazz and the 'art' of medicine: improvisation in the medical encounter.
 Ann Fam Med. 2007;5(1):164-169.
http://www.annfammed.org/cgi/content/full/5/2/164/DC1

I Link Musicali Consigliati dall’ Autore nell’ Appendice all’articolo originale, per un ascolto ed una comprensione più profonda del significato dell’articolo stesso sono su youtube ai seguenti indirizzi:

"All Blues" (album Kind of Blue), Miles Davis
http://www.youtube.com/watch?v=g_1Pa6vE14c

"Giant Steps" (album Giant Steps), John Coltrane
http://www.youtube.com/watch?v=h6NCx0wcrC4

"Waltz for Debby" (album Waltz for Debby), Bill Evans Trio
http://www.youtube.com/watch?v=XMHsz5VqLhM


BIBLIOGRAFIA
Barr DA. A time to listen. Ann Intern Med. 2004;140(2):144.
Barrett FJ. Creativity and improvisation in jazz and organizations: implications for organizational learning. Org Sci. 1998;9:88-105.
Fateema Sayani BJ. Jazz and the art of conversation CMAJ • JANUARY 12, 2010 • 182(1)
Haidet P. Jazz and the “Art of Medicine: Improvisation in the Medical Encounter. Ann Fam Med 2007 5: 164-169
Miller WL, McDaniel RR Jr, Crabtree BF, Stange KC. Practice jazz: understanding variation in family practices using complexity science. J Fam Pract. 2001;50(10):872-878.
Nachmanovitch S. Free Play: Improvisation in Life and Art. New York, NY: Tarcher/Putnam; 1990.
Shaughnessy AF, Slawson DC, Becker L. Clinical jazz: harmonizing clinical experience and evidence-based medicine. J Fam Pract. 1998;47(6):425-428.



Immagine di copertina: Persona che canta al microfono
Immagine tratta in bassa risoluzione da: Fateema Sayani BJ Music critic Ottawa, Ont.• CMAJ JANUARY 12, 2010 • 182(1), Jupiterimages Corp.





 

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Fonti Numero 21, 19 Luglio 2012:

Si ringraziano altresì:

Il Ministero della Salute
 e
L’ISS

Il Consiglio Sanitario Toscano
per le SNLG

IL Giornale Italiano di Medicina
del Lavoro ed Ergonomia 
PI-ME,
Pavia ISSN 1592-7830
http://gimle.fsm.it

Le Infezioni in Medicina
www.infezmed.it/
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Aggiornato al: 19 Luglio 2012



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