Recensione di Ugo Sottile
Come l’araba fenice risorge dalle proprie ceneri per mostrarsi nei luoghi più disparati, così Brendan Perry, già comprimario dei Dead Can Dance insieme a Lisa Gerrard, ogni tanto si riaffaccia sul panorama musicale con le sue creazioni sempre colme di “Pathos”. L’ultimo album ufficiale “The eye of the hunter”, splendido, risale ad oltre 10 anni fa, anche se ha affiancato il talentuoso Glen Johnson, leader della splendida fucina musicale dei Piano Magic, nell’album “Ovation “ e nel successivo e.p. “Dark Horses” non molto più di un anno fa.
La sua musica non cambia, rimane sempre un monumentale affresco, semplicemente sminuito dalla dizione di genere “dark wave”, allegorie fantasmagoriche ma essenzialmente una summa che rappresenta il retaggio delle melodie più ispirate della fine degli anni 90’ dove non esisteva più confine fra le diverse atmosfere che celebravano in maniera sublime il trapasso della new wave diventata dark e post dark wave ed un romantico oscurantismo recitativo dominava il suo suono. Il sound inizialmente più duro dei Dead Can Dance, cominciava a concedersi a contaminazioni etniche: quali l’uso di strumenti antichi come cimbali, salterio a percussione, arrangiamenti per archi e fiati dalle tonalità più basse, oppure di timpani ora sfiorati a volte schiantati dai colpi inferti dal gigante irlandese Ronan O Snodaigh nelle performaces live , si proprio quel tipo di suoni che fanno entrare in risonanza le tue cavità organiche, in sintonia con la musica che stai ascoltando.
L’affascinante tonalità timbrica della sua voce continua ad inanellare ardite evoluzioni dove riaffiorano forse più evidenti che nell’album precedente i fasti degli antichi amori targati “Dead Can Dance, e la sua sonorità espressiva resta immutata, ancora stampata come marchio indelebile nei nostri circuiti interni.Sicuramente non ci possono più stupire le soluzioni, ma l’afflato immediato che si prova all’ascolto rimane inalterato.
Una sequenza di otto brani impregnati di splendido decadentismo dove anche l’uso mirato dell’elettronica, vera novità,tende ad amplificare la dimensione abituale del suono; interamente suonato ed interpretato dall’autore con atmosfere piene di una calma a tratti disperata, in un contesto dedicato a temi sociali e politici, dove l’imprinting ieratico della sua voce richiama la luce del faro di copertina, accesa in una notte scura, che sembra volerci guidare attaverso le “avversità “di questo mondo verso lidi più sicuri; ma sarà vero? In fondo non importa, ma potrebbe servire a ritrovarsi forti di una dimensione interiore permeabile il meno possibile alle storture... il viaggio continua.
http://www.brendan-perry.com/
Ugo Sottile
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18/12/2010
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Anestesia e Rianimazione Polivalente II
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Novembre 2010
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Istituto di Malattie Respiratorie, Università di Milano, U.O.C. Pneumologia,
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Le Infezioni in Medicina, Supplemento 2/2009